ANNO:
                              U.S.A. 2003 
                       
                         GENERE:
                            Drammatico 
                         REGIA: Alejandro
                        González Iñárritu 
                         CAST:
                            Sean Penn, Benicio Del Toro, Naomi
                            Watts, Charlotte
                            Gainsbourg, Danny Huston, Carly Nahon, Nick Nichols,
                            Claire Pakis, John Rubinstein, Eddie Marsan, Marc
                            Musso, Carlo Alban, Wayne E. Beech Jr., Harmony
                            Carrigan, David Chattam, Annie Corley, Teresa Delgado,
                            Catherine Dent, Terry Dee
                            Draper, Clea Duvall. 
                         DURATA:
                            125 ' 
                        
                         TRAMA:
                            Il professor Paul Rivers (Sean
                            Penn)
                            e sua moglie Mary (Charlotte
                            Gainsbourg) scoprono
                            che la loro
                            unione è  in equilibrio precario tra la
                            vita e la morte. Lui ha una malattia gravissima ed è in
                            attesa di un trapianto, mentre lei desidera fortemente
                            un suo figlio, anche con l'inseminazione artificiale.
                            Cristina Peck (Naomi Watts),
                            molto maturata dopo gli eccessi di gioventù, è la
                            devota sorella di Claudia (Clea
                            DuVall), la brava
                            moglie di Michael (Danny
                            Huston) e la madre affettuosa
                            di due dolci bambine. La sua famiglia emana speranza
                            e gioia. Molto più in basso nella scala sociale,
                            l'ex truffatore Jack Jordan (Benicio
                            Del Toro) e
                            sua moglie Marianne (Melissa
                            Leo) lottano per provvedere
                            ai loro due figli mentre Jack riscopre
                            una profonda fede religiosa. Un tragico incidente,
                            che causa
                            un alto numero di vittime, porta queste coppie nell'orbita
                            l'una dell'altra. Dopo la tragedia, Paul deve
                            confrontarsi con la sua mortalità, Cristina                          decide
                            di scendere a termini con il suo presente e, forse,
                            il suo futuro,
                            e la fede di Jack viene messa a
                            dura prova. Se qualcuno di loro riuscirà a
                            ritrovare un equilibrio, sarà a costo dell'equilibrio
                            dell'altro. Eppure li desiderio di vivere e l'istinto
                            ad aggrapparsi
                            all'altro per avere un sostegno è sempre presente
                            in ognuno di loro...21 grammi è il peso che
                            si perde quando si muore, il peso portato da chi
                        sopravvive. Quanto pesano 21 grammi? 
                        CRITICA a
                            cura di Stefano
                              Borgo: 21 grammi. E' tutta qui la differenza
                          tra la vita e la morte? Quante vite,
                          quante possibilità abbiamo a disposizione?
                          E cosa significa morire? E' un cinema
                          fatto di domande, quello del regista
                          messicano Inarritu. Punti interrogativi
                          che si condensano e galleggiano sulla
                          pellicola. Fino ai titoli di coda, e
                          oltre, dentro di noi. Storie intrecciate
                          dal Caso, o dal Destino, chissà.
                          Storie di solitudine e disperato amore,
                          storie di morte e di speranza. Al centro
                          di tutto, ancora una volta, un incidente
                          stradale. Un solo istante che cambia
                          l’esistenza di tante persone. Basta
                          poco, per far scivolare una vita nell’abisso
                          del dolore. Un niente. La morte è sempre
                          lì, in agguato. Può nascondersi
                          dietro ogni curva. E ci aspetta, crudele.
                          Ma la vita non si arrende mai facilmente,
                          e lotta a denti stretti. Così,
                          una persona può tornare a vivere
                          grazie al cuore di qualcuno che, all'improvviso, è volato
                          via, verso il cielo, accompagnato da
                          due angeli biondi. E' la storia di Paul,
                          e del suo trapianto. Un cuore nuovo vuol
                          dire una nuova vita? E poi c’è Christina.
                          Nuota e cammina, ma la sua vita si è fermata,
                          impotente di fronte alla morte che le
                          ha strappato, in un solo istante, tutta
                          la felicità e l'amore del
                          mondo. Come si può accettare un
                          destino simile? E chi è davvero Jack? Una volta non
                          credeva in niente, ora crede con tutte
                          le sue forze solo
                          in Dio. Ma il suo Dio lo tradisce e lo
                          castiga, gli dilania l'anima con
                          i sensi di colpa per una curva presa
                          troppo veloce. Così cerca di scappare,
                          da tutto e da tutti. Per ritrovare se
                          stesso. Riuscirà a salvarsi dalle
                          infernali fiamme che gli bruciano dentro?
                          Domande e storie che si intrecciano,
                          si aggrovigliano, fuggono avanti e indietro
                          nel tempo. E' questo lo stile di Inarritu,
                          che anche per il suo secondo film sceglie
                          un montaggio
                          straniante, spezzettato, disarmante:
                          i frammenti delle tre vicende sono cuciti
                          assieme senza una logica apparente, senza
                          nessuna cronologia. Il finale all'inizio,
                          storie che tornano indietro e che di
                          nuovo fuggono in avanti, in un continuo
                          gioco di incastri. E ogni tessera del
                          puzzle è un tassello fondamentale
                          per capire l'intreccio dei destini. Quale
                          idea di cinema sta alla radice dei film
                          di Inarritu? E' il montaggio il principale
                          tratto distintivo del giovane regista
                          messicano. Il tempo è un concetto
                          da manipolare, un meccanismo da smontare
                          e ricostruire, un gioco di delicati equilibri
                          per tenere alta la tensione, per intrappolare
                          lo spettatore nel fascino della narrazione.
                          E il gioco, in 21 Grammi, gli riesce
                          alla perfezione. Il film, infatti, è formalmente
                          perfetto. Raccontata con un semplice
                          e ordinato montaggio parallelo, la storia
                          forse non avrebbe avuto la stessa forza.
                          E che dire degli attori? Tutti molto
                          intensi e convincenti nei rispettivi
                          ruoli, da Naomi Watts a Sean
                            Penn, da Benicio Del Toro alle semplici comparse.
                          La macchina da presa scava dentro i personaggi
                          e cerca di penetrare, attraverso occhi,
                          espressioni e movimenti, dentro la loro
                          anima, in quel groviglio di pensieri
                          e speranze, di dolori e di sorrisi, di
                          paure e rimpianti. Le inquadrature sono
                          sporche, traballanti, spesso girate con
                          la camera a mano, per stare proprio addosso
                          ai personaggi, appiccicati ai loro corpi,
                          per essere tra di loro, e coglierli negli
                          istanti in cui le loro storie si compiono.
                          La fotografia sgranata accentua i contrasti
                          tra luce ed ombra, tra caldo e freddo.
                          Ma non poteva essere diversamente. E
                          ci pensa poi il montaggio a mescolare
                          e armonizzare tutti gli ingredienti.
                          Nonostante la frammentazione estrema,
                          infatti, alla fine tutto torna. Troppo.
                          Perché c’è anche
                          qualcosa che non convince fino in fondo,
                          nel film. E forse è proprio questa
                          sua perfezione, per certi versi così simile
                          a quella di "Amores Perros",
                          primo film del regista. Inarritu sarà uno
                          di quegli autori che batteranno per tutta
                          la vita sullo stesso chiodo? Ma in fondo,
                          non è neanche questo a lasciarci
                          in bocca quella strana sensazione...Perché allora
                          quella punta di fastidio, all'uscita
                          della sala? Solo per la tristezza e la
                          cupezza del racconto? Il montaggio, soprattutto
                          nella prima parte del film, gioca con
                          noi spettatori, ci confonde le idee,
                          ci cattura, ci fa fantasticare un po'
                          sui possibili perché della storia.
                          Ma quando arrivano i titoli di coda,
                          abbiamo già capito tutto, il puzzle è finito,
                          completo, senza buchi, tutte le tessere
                          al loro posto. E non c’è più nessuno
                          spazio per la nostra immaginazione, per
                          la fantasia. E nemmeno per l'interpretazione.
                          E' la speranza la chiave di tutto. Il
                          finale è meno aperto di quel che
                          sembra. Eppure, alcune domande ci restano
                          dentro. Non riguardano il film, né la
                          storia che, precipitando dentro lo schermo,
                          abbiamo vissuto. Ma la nostra vita, la
                          vita di tutti. Quanto pesano 21
                            grammi? 21 grammi sono il peso
                          di cinque nichelini uno sopra l'altro,
                          di un colibrì,
                          di una barretta di cioccolato. 21
                            grammi sono il peso della perdita, il peso che
                          la morte, nell'attimo esatto in cui arriva,
                          ruba al nostro corpo. 21 grammi: che
                          sia allora il peso dell’anima?
                          Che sia tutta qui la differenza tra la
                          morte e la vita? Quante morti abbiamo
                          a disposizione? E cosa significa vivere. Stefano
                            Borgo 
                        VOTO:  
                        CRITICA a
                              cura di Olga
                              di Comite: A confronto
                              di quel che accade nel film di Inarritu,
                              anche la più drammatica e cupa delle tragedie
                              greche sembra avere una particolare leggerezza.
                              Di rado in una storia si è riusciti ad assommare
                              un tale campionario di umane sciagure, col chiaro
                              pericolo di vedere l'incauto spettatore annegare
                              nelle sue stesse lacrime. Forse per questo è sembrato
                              necessario al regista bilanciare cuore e viscere
                              (in senso proprio e figurato!) con alcuni espedienti
                              tecnici e narrativi volti a raffreddare la materia.
                              A. G. Inarritu, come già aveva
                              fatto nel precedente "Amores Perros",
                              contiene questo magma di fatti, sciagure, colpe,
                              in una
                              struttura scandita in modo da scompigliare lo svolgimento
                              tradizionale diacronico. Si va dall'oggi allo ieri,
                              dagli effetti alle cause che li precedono, con
                              una tecnica narrativa mossa e nervosa, esaltata
                              dalla camera a spalla, e da effetti di grande realismo
                              dovuti a una fotografia dalla grana porosa, che
                              indulge sulle asperità della pelle nei primi
                              piani. Anche l'uso del colore è pensato,
                              voluto ed efficace: blu per Paul,
                              rosso-giallo per Jack, a metà strada
                              per Cristina.
                              Basta tutto questo a darci un buon film? No,
                              anche se la prima mezz'ora di proiezione risulta
                              avvincente poiché si tratta di ricostruire
                              con attenzione un mosaico. Quando il quadro si è chiarito
                              ai nostri occhi, l'espediente narrativo diventa
                              meccanicistico e mostra la corda, pur essendo innegabile
                              la bravura del regista e degli interpreti (primi
                              fra tutti Naomi Watts e Sean
                              Penn). La prima, pur
                              in bilico sull'abisso del melodramma patetico,
                              si mantiene miracolosamente in equilibrio. E che
                              dire di Penn? Le pieghe della
                              sua maschera tragica sono perfettamente bilanciate
                              da lampi languidi
                              e maliziosi dello sguardo e la sua energia interpretativa,
                              anche in un film così livido, ti prende.
                              Se poi si pensa all'intelligenza dell'uomo, alla
                              sua indipendenza mentale, al suo essersi formato
                              in una fucina artistica come quella familiare,
                              ai suoi film trasgressivi e graffianti (realizzati
                              anche quale autore come "La promessa" e "11
                              Settembre 2001") la simpatia non può che
                              crescere rispetto a tanti bellocci senz'anima.
                              Probabilmente la sua pesa qualcosa di più di 21
                              grammi...E veniamo al titolo e poi ai
                              contenuti del film. 21 grammi allude al peso
                              che si perde morendo e che poeticamente, ricordando
                              antiche credenze come quelle degli Egizi, si definisce il
                              peso dell'anima. In quanto alla storia si tratta
                              di tre vicende che sembrano parallele, ma sono
                              unite tra loro da un intreccio di circostanze che
                              si svela dopo le prime sequenze. Paul (Sean
                              Penn) è un
                              insegnante molto malato in attesa di un trapianto
                              cardiaco che può dargli una speranza di
                              vita; Cristina (Naomi
                              Watts) è una giovane
                              donna legata alla propria famiglia (marito e due
                              bimbi) che perde in un incidente automobilistico;
                              Jack (Benicio del Toro) è un piccolo delinquente,
                              ex-detenuto, che s'arrangia a sopravvivere e cerca
                              nella fede, vissuta con fanatico ardore, un riscatto
                              possibile. Le vite di questi personaggi, attraverso
                              una ricostruzione sincopata, si snodano senza un
                              prima e un dopo nella loro interezza. Alla fine
                              la morale è che in qualche modo la vita
                              continua con un filo di speranza, visto che alla
                              morte succede presto una nuova vita. Meglio non
                              dire di più, altrimenti si dissolve quel
                              desiderio di ricomposizione del disegno, che, pur
                              pensato molto a tavolino, è il sostegno
                              del film. Senza di esso l'opera sarebbe una mistura
                              a foschissime tinte non molto sopportabile. Olga
                        di Comite 
                          VOTO:
                        6 
                        CRITICA a
                            cura di Marta Rizzo: 21
                            GRAMMI DI SENSO -
                            Se sapessimo a cosa corrispondono i 21 Grammi del
                            titolo di questo film di Alejandro Gonzales
                            Iñarritu                          e
                            li dovessimo mentalmente accostare a quella che genericamente
                            conosciamo essere l'industria onnipotente
                            del cinema americano, forse ci aspetteremmo un film
                            lacrimevole, patinato, triste ma a lieto fine, con
                            attori belli e puliti. Invece, da qualche tempo,
                            il cinema americano sembra aver ritrovato quella
                            libertà d'immagine e di racconto che ha vissuto
                            con pieno fulgore tra gli Anni '60 e gli Anni '70.
                            Era il cinema di Cassavetes, di Bogdanovich,
                            di Peckinpah,
                            di Pollack, di Altman,
                            di Scorsese, di Schlesinger,
                            di Fosse, di Coppola e,
                            a suo modo, di Stone...Insomma,
                            un cinema americano contro il cinema americano. Si è affermato,
                            con grande stima e passione da parte del pubblico
                            internazionale, questo sguardo indipendente, a basso
                            costo, fatto di storie piccole di piccoli emarginati
                            di una grande società in fase di devastazione.
                            Sarebbe un inutile elenco di titoli quello che si
                            potrebbe fare vedendo 21 Grammi e
                            pensando a quanto cinema si sia ispirato. Si parlerà,
                            dunque, di cosa suscita la visione di questo desolante
                            scorcio
                            di piccole vite americane. Paul (Sean
                            Penn) è un
                            ex brillante professore di matematica: è gravemente
                            malato di cuore, in fin di vita. Si salverà.
                            Christina (Naomi Watts) è una
                            donna fragile che vede crollare la propria vita,
                            assieme a quella
                            del marito e delle due piccole figlie. Jack (Benicio
                            Del Toro) è un delinquente comune,
                            cerca riscatto in una fede cieca e ossessiva, commette
                            errori fatali,
                            per la propria vita e per quella di altri. Ma non
                            c'è mai, o quasi, dolo nei suoi atti.
                            E' un uomo segnato, predestinato, designato dal cielo
                            alla sofferenza. Ebbene, queste vite minime, minimamente
                            trascinate, si incrociano e si distruggono tra di
                            loro, in un film che è un puzzle senza soluzione.
                            L'argomento fondamentale da riservare a questo piccolo
                            capolavoro tragico, è il montaggio. Il cinema,
                            più di ogni altra arte, consente di vivere,
                            di vedere, di sentire e percepire ciò che
                            nella vita reale non accade. Il tempo newtoniano
                            da noi vissuto, è quello della linearità:
                            un semplice filo, più o meno lungo, più o
                            meno segnato da curve. Ma possiede solamente un passato,
                            un presente e d un futuro, non c'è deviazione
                            possibile. Il cinema no, il cinema è un contenitore
                            di tempi multipli: si può raccontare lo stesso
                            fatto, accaduto nello stesso istante, secondo infinite
                            prospettive differenti, o meglio, seguendo il percorso
                            diegetico delle vite dei personaggi che si sceglie
                            di raccontare e di vedere. Allora, come accade in
                            21 Grammi, lo spettatore si trova
                            di fronte ad un tempo che non gli appartiene. La
                            percezione vacilla,
                            la confusione delle immagini che si susseguono senza
                            un procedere lineare, spiazza e costringe ad un interessantissimo
                            e violento sforzo di ricomposizione dei tempi. 21
                            Grammi ha questo enorme pregio: rende dissociato
                            il tempo lineare e poi rimette a posto i pezzi. Eppure,
                            alla fine, il film non fa altro che ricompattare
                            pezzi di una sola, unica tragedia umana, fatta di
                            perdita, di fato, di realtà, di dolore fisico
                            e morale, di stanchezza, bruttezza e sporcizia. Lo
                            spettatore, vedendo 21 Grammi, avrà ridato
                            senso a immagini apparentemente scollegate tra loro,
                            sgranate, sporche, disarmoniche, tanto nella forma
                            quanto nel contenuto. Gli attori di questo puzzle
                            esistenziale sono davvero straordinari. In effetti,
                            soprattutto nella parte finale, il film risente degli
                            eccessi di confusione iniziale; cade
                            nel clichè del dramma a tutti i costi; ha,
                            a suo modo, un sinistro lieto fine. Errori, dunque,
                            se ne potranno trovare, ma la recitazione non si
                            perde mai. Senza distinguere, senza dire chi è più bravo
                            di un altro, tutti i protagonisti e gli antagonisti
                            del film sono scelti, diretti e vissuti in modo davvero
                            magistrale. Resta da comprendere cosa siano i 21
                            Grammi. Potrebbero sembrare una partita
                            di droga, ma sarebbe troppo facile e banale. In questo
                            disastro
                            reale, nel quale la malattia, la morte, l'ossessione,
                            il tentativo del suicidio, il desiderio di vendetta,
                            l'odio, il rancore e l'amore si intersecano e si
                            confondono, i 21 Grammi non possono
                            certamente essere quelli di un po’ di cocaina
                            (che pure c’è,
                            nel film). America oggi in modo irripetibile e straordinario,
                            più recentemente e con minor successo "Magnolia"
                            e qualche altro film da accostare a questo, ci comunicano
                            un solo dato: il mondo dei sensi, il modo dei sentimenti,
                            il modo dell’anima hanno un peso reale, che
                            il nostro intelletto ha misurato. Il peso
                            dell'anima è di
                            21 Grammi. Pochissimo rispetto a
                            quanto la vita reale sembrerebbe farci percepire. Marta
                            Rizzo 
                        VOTO:  |