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RECENSIONE FILM CODE 46

Code 46ANNO: Gran Bretagna 2003

GENERE: Fantascienza

REGIA: Michael Winterbottom

CAST: Tim Robbins, Samantha Morton, Om Puri, Jeanne Balibar, Togo Igawa, Essie Davis, Archie Panjabi, Nabil Elouahabi.

DURATA: 92 '

TRAMA: Shanghai: in un futuro non lontano dove tutti sono sotto controllo, William (Tim Robbins) è un ispettore della compagnia assicurativa << noi sappiamo tutto di tutti >> Sphinx che ha il compito di scoprire ed arrestare Maria (Samantha Morton), una falsificatrice di certificati quali coperture assicurative, passaporti e visti d'ingresso all'interno dello stabilimento. Maria lotta contro lo schema, vuole rendersi libera e poter aiutare il suo prossimo in un mondo dove sembra non ci sia via di scampo per raggiungere la vera libertà...

CRITICA a cura di Gianni Merlin: L'ultima fatica dell'eterogeneo Winterbottom, Code 46, vuole essere nella dichiarazione di intenti del regista la sua esperienza definitiva nel campo della fantascienza, dopo aver mietuto successi col precedente soporifero "With or without you", risultando alla buon'ora uno dei peggiori film visti al recente Festival di Venezia. Tutto sa di non solo visto, ma già sviscerato ampiamente da molteplici opere che solo Winterbottom evidentemente crede che l’immaginario collettivo, anche non appassionato del grande schermo, non conosca: titoli come "Blade Runner", il più recente "Minority report" o il memorabile "Strange days", dai quali Code 46 sfacciatamente attinge, hanno definito in modo palpabile suoni, colori e senzazioni post-moderne anche presso le nuove generazioni, molto più abituate a confrontarsi con tastiere a cristalli liquidi o microchip rispetto al buon spettatore di "2001: Odissea nello spazio". Shangai, in un vicino futuro: un consulente aziendale (Tim Robbins) è in possesso di capacità particolari che gli permettono di leggere il pensiero della gente, e grazie a tale dote viene incaricato di scoprire il ladro di fantomatiche carte di trasporto-passaggio nelle diverse frontiere del nuovo mondo; l'incontro con la conturbante Maria (Samantha Morton, notevole il suo fascino "disturbante", questo sì pienamente centrato nel film), responsabile dell"illecito traffico di tali tessere, provoca il coinvolgimento di passioni che altera la buona riuscita del compito del buon consulente padre di famiglia Robbins e che lo porterà alla deriva. Winterbottom, come un nuovo Soderbergh attento a districarsi in tutti i settori dello scibile cinematografico, senza però condividerne lo stile, ci propina riflessioni stanche sul tema del ricordo e della flessibilità dei sentimenti, quasi come se la sola trasposizione in un mondo futuro dei rapporti umani tenda a rendere più dilatati gli affetti e le memorie. Ci vuole ben altro per materializzare un'idea di futuro come quella proposta da questo Code 46, ma una citazione particolare merita per finire il simpatico Tim Robbins, per il quale delle due l'una: o è attorniato da agenti incapaci o le sue finanze rasentano il lastrico, tanto da accettare ruoli così lontani dalle sue affinità: che fine ha fatto l'Henry Flint degli Anni' 90, anzi che ci fa questa faccia d’angelo, buona per uno scrittore di successo o un presentatore televisivo, nei panni di un presunto scaltro e misterioso detective di sentimenti? Gianni Merlin - lug71@katamail.com
VOTO: 4

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