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RECENSIONE FILM COVER BOY L'ULTIMA RIVOLUZIONE

COVER BOY L'ULTIMA RIVOLUZIONECRITICA a cura di Olga di Comite: Possiamo dirlo? Questo è soprattutto un film politico, poi italiano e ben riuscito, che dimostra come talento e sensibilità possano ampliare la visione un po’ asfittica di altri film nostrani, intenti più o meno a seguire crisi amorose dentro il salotto o il tinello di casa.

Nonostante il taglio vistoso di finanziamenti pubblici promessi (da un budget di 3 milioni di euro a soli 600.000), l’autore, usando con abilità la telecamera digitale HPV e avvalendosi di una buona fotografia, ci regala anche delle inquadrature ambiziose (vedi quelle dell’arrivo alla stazione Termini di Roma, della scena sul Danubio, di quelle sullo sfondo del Mandrione, periferia romana cara a Pasolini, oggi molto frequentata dagli immigrati). D’immigrazione tratta il racconto, ma anche di nuove solitudini, di amicizia, di Occidente in difficoltà sia a est come a ovest, di utilitarismo e ingiustizia diffuse nel capitalismo competitivo nostro e di crisi seguita al disfacimento dei regimi comunisti dell’est (la Romania).

Joan (Eduard Gabia) è un immigrato rumeno venuto in Italia per cercare lavoro e benessere, senza però cedere a ogni compromesso. Michele (Luca Lionello) è un immigrato interno, venuto dall’Abruzzo a Roma, che sta passando il calvario del precariato, della mancanza di sicurezza economica, della necessità di arrangiarsi. L’incontro tra i due dà luogo a un’amicizia che li spinge a sognare un’immigrazione al contrario verso la Romania, dove sognano di aprire un ristorante italiano sul Danubio, una volta arrivati a possedere una macchina e un po’ di denaro.

Ma su di essi sembra accanirsi la sfortuna, finché Joan con la sua bella faccia “pulita” e il corpo giovane e levigato, viene notato da una fotografa (Chiara Caselli) senza scrupoli, ben inserita, ricca, che lo porta nel suo letto e nel suo giro, facendolo diventare un apprezzato cover-boy. Ma quando Joan capisce che la donna vuole usarlo servendosi anche di immagini che appartengono alla tragedia delle guerre e delle rivoluzioni, la pianta in asso. Salito sulla macchina comprata con i guadagni, è pronto per riprendere la via della Romania con l’amico lasciato a Roma, ma amarezza e dolore accompagneranno il ritorno.

Ci sono poi nel film due personaggi minori molto importanti. Uno è il padre di Joan, di cui spesso il giovane ricorda momenti di tenerezza ed insegnamento: era un medico oppositore del regime, ucciso da colpi vaganti davanti agli occhi del figlio bambino la sera della fine del regime di Ceausescu. E c’è poi una Luciana Littizzetto che è un’altra rappresentante di quella umanità che vive ai margini, pur essendo la padrona del misero appartamentino dove Michele ha ceduto un posto letto a Joan. Dice di essere un’attrice ma in realtà è una generica saltuaria e si porta dietro rancori e frustrazioni.

Per ritornare alla definizione iniziale, direi che, oltre a una sceneggiatura asciutta senza compiacimenti, l’opera presenta una precisa analisi politica che si deduce naturalmente dai fatti senza enfasi o appesantimenti ideologici. Che alla base del racconto ci sia una certa visione generale e umana dei rapporti di forza e delle relazioni interpersonali che superano ogni confine d’appartenenza etnica, è qualcosa che fa semplicemente parte con forza del contenuto di questo film, frutto di bassi costi e discreta onestà intellettuale. Olga di Comite
VOTO:

 

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