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RECENSIONE FILM CRASH

CRASHANNO: U.S.A. 1996

GENERE: Drammatico

REGIA: David Cronenberg

CAST: James Spader, Holly Hunter, Elias Koteas, Deborah Kara Unger, Rosanna Arquette, Peter MacNeill, Yolande Julian, Cheryl Swarts, Judah Katz, Nicky Guadagni, Ronn Sarosiak, Boyd Banks, Markus Parilo, Alice Poon, John Stoneham Jr. .

DURATA: 100 '

TRAMA: Il regista pubblicitario James Ballard (James Spader) durante un incidente d'auto impara ad associare il piacere sessuale agli scontri automobilistici e al rischio di morire su un'autostrada. James inizia una relazione pericolosa con la dottoressa Helena Remington (Holly Hunter), che in un sinistro ha perduto il marito e riesce a coinvolgere la moglie Catherine (Deborah Kara Unger) in complessi scambi di coppia. L'uomo incontra e subisce il fascino di Vaughan (Elias Koteas), autore di ricostruzioni di famosi incidenti...

CRITICA a cura di Alessandro Di Tecco: Premi e Menzioni Speciali: PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL 49.MO FESTIVAL DI CANNES 1996 PER L'AUDACIA, LA CAPACITA' DI OSARE E L'ORIGINALITA' - Crudo, freddo, lugubremente insinuante, Crash é un film fatto per sconvolgere. Un lavoro in cui Cronenberg devia momentaneamente dal filone tutto suo dell' “horror filosofico” per passare ad un’elaborazione se é possibile ancora più sottile e penetrante, sfidando e superando sé stesso. Perché in Crash, film irrisolto e disperato, praticamente privo del consolatorio appoggio di una trama, l’orrido ed il mostruoso non sono più esplicati ma piuttosto implicati nella natura umana. Sono esseri sofferenti quelli che il regista dipinge, ispirandosi al romanzo omonimo di Ballard; uomini e donne che accolgono in sé i demoni della società contemporanea, diventandone ricettacolo, crisalide, piaga aperta.
La violenza cruenta, il sangue, la fusione con la macchina, raggiungono qui un nuovo stadio evolutivo che realizza la conquista ed il contagio delle intelligenze piuttosto che la penetrazione/ibridazione meccanica compiuta sul corpo. La vicenda di conseguenza é interiorizzata, lirica; un grido disperato e sensuale dell’io che perpetra l’annientamento totale dell'anima e del suo involucro in nome di un principio del piacere già sancito in "Videodrome": la ricerca dell’eccitazione per l’eccitazione, tanta e subito. Sesso e violenza, sesso violento, desiderio esasperato e ricerca di nuovi appagamenti sono il filo conduttore di Crash.
Ma non c’é nulla di costruttivo né intellettualmente edificante nel viaggio carnale dei protagonisti: la tensione irresistibile verso Thanatos é il vero motore di ogni azione. Ed al di là di qualsiasi esempio più o meno efficace del legame tra le topiche pulsioni opposte, qui Eros non é che l’anticamera del contrario, il passaggio obbligato attraverso un piacere distorto e suicida, il piacere di morire, il masochismo iperbolico che prepara al salto nel nulla.
Ed il corpo, grande protagonista della poetica cronenberghiana, questa volta subisce una mutazione più terrificante di qualsiasi altra perché subdola ed occulta. Il nuovo mostro é l’automobile. Con lo stesso potere di una protesi meccanica cresciuta sulla carne viva, o viceversa della carne a rivestire un arto metallico, é l’unione quotidiana, reiterata, impercettibile dell’uomo con la progenie dell’età industriale. Un rapporto che si consuma ogni istante e da cui nessuno é escluso, un segreto amplesso col non-umano. James Ballard, il protagonista, scopre in un impatto frontale con un’altra macchina, la nuova, perversa eccitazione convogliata dallo scontro. Come spiega il sinistro maestro dell’assurdo culto Vaughan, nel momento dell’impatto il corpo e la mente sviluppano un’indescrivibile eccitazione sessuale. La scena in cui, a bordo dell’auto divenuta rottame, la moglie del defunto guidatore si scopre il seno e con sguardo spiritato fissa lo stordito Ballard é a dir poco alienante.
Crash, parola dai suoni aspri, diventa il nome del rapporto sessuale completo per l’homo tecnologicus. Così un vortice carnale scomposto e privo di gioia, frutto di un amore già cadavere, del desiderio di morte orgasmica, anima tutto il film. Un film indigesto e sgradevole ma grande nel tentativo di raccontare la “religione della perversione” corredata della sua ritualità fatta di simulazioni di incidenti famosi.
Inferno dell’insoddisfazione, ipertrofia della sensorialità, fascinazione per la morte, fuga senza meta di un’umanità traviata, questo é Crash. E di tutto rimangono solo i rottami, persistenti come un incubo senza fine. Alessandro Di Tecco
VOTO:

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