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RECENSIONE FILM DOGVILLE

DogvilleANNO: Danimarca / Svezia / Francia / Norvegia 2003

GENERE: Drammatico

REGIA: Lars Von Trier

CAST: Nicole Kidman, Harriet Andersson, Lauren Bacall, Jean-Marc Barr, Paul Bettany, Chloe Sevigny, John Hurt, Blair Brown, James Caan, Ben Gazzara, Jeremy Davies, Philip Baker Hall, Stellan Skarsgaard.

DURATA: 135 '

TRAMA: Grace (Nicole Kidman), una donna sperduta, in fuga e con un'estrema necessità di nascondersi, trova rifugio presso la piccola cittadina di Dogville. La comunità accetta malvolentieri la giovane in difficoltà, convincendosi tuttavia della necessità di mostrare ospitalità e spirito di solidarietà ai forestieri giunti da lontano. Grace si mette a servizio della comunità ed inizia a lavorare presso i suoi nuovi concittadini, ma tutto si complica e diventa estremamente ostile per lei quando circola la voce che possa essere una ricercata a piede libero...

CRITICA a cura di Gianni Merlin: Di una cosa sola si è sicuri dopo la visione di Dogville, utima fatica-provocazione del regista danese, cioè che esso contribuisca come nessuna altra pellicola precedente a scavare senza più limite un margine netto tra i detrattori e gli amanti di Lars Von Trier. Niente può essere più come prima, e questo si capisce subito dopo le prime due scene del film. L'ambientazione cameristico-teatrale di questa presunta cittadina di un'ipotetica America post-seconda guerra mondiale, dove le case sono disegni su un palcoscenico nero e l'orizzonte assume i colori dei pannelli della scenografia di volta in volta utilizzati rivela il clima di "estrema ratio" dato all'impostazione del racconto, che si snoda in nove capitoli distinti, rifacendosi così a quel "Barry Lindon" tante volte ammirato da Trier. Chi non trovasse tutto ciò estremamente violento o quantomeno supponente e provasse a resistere alla facile tentazione della fuga dalla sala, può lentamente farsi conquistare da questa metafora sulla ipocrisia della società civile americana odierna, così come molti hanno visto nei cittadini di "Dogville" un sorta di rappresentazione neanche tanto mascherata della scarsa ricettività e compatibilità yankee nei confronti di tutto quanto possa considerarsi "altro" o "diverso". Chi invece da subito cede di fronte agli sguardi, ai colpi di nuca di Nicole Kidman, qui con successo alle prese forse per la prima volta con un cinema sperimentale che non le appartiene, non può che trovare delle similitudini tra il personaggio di Grace da lei interpretato e quello delle altre martiri femminili di Von Trier, già viste ad esempio nelle "Onde del Destino" o "Dancin’ in the Dark"; attraverso queste interpreti il regista sceglie con il suo modo inappellabile di andare a fondo nello svisceramento di ciò che di volta in volta rappresentano le sue ossessioni, nella sostanza di come universalmente si dispone di valori come il perdono, la capacità di accettazione, la carità e la purezza: in Dogville, Grace è sia lo strumento attraverso cui tutti i cittadini si sentono per la prima volta vivi, capaci cioè di suscitare ancora interesse, sia la tangibile minaccia per la loro difendibilità morale, un sorta di oggetto da poter violentare per soffocare le proprie repressioni. Gianni Merlin
VOTO: 7

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