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RECENSIONE FILM GOOD NIGHT AND GOOD LUCK

GOOD NIGHT AND GOOD LUCKANNO: U.S.A. 2006

GENERE: Drammatico

REGIA: George Clooney

CAST: George Clooney (Fred Friendly), David Strathairn (Edward R. Murrow), Grant Heslov (Don Hewitt), Robert Downey Jr. (Joe Wershba), Jeff Daniels (Ted Church), Tom McCarthy (Palmer Williams), Patricia Clarkson (Jenny Darmondy), Ray Wise (Don Hollenbeck), Robert John Burke (Charlie Mack), Alex Borstein (Natalie), Rose Abdoo (Millie Lerner), Glenn Morshower (Colonnello Anderson), Don Creech (Colonnello Jenkins), Tate Donovan (Jesse Zousmer), David Christian (Procuratore), Reed Diamond (John Aaron), Joseph Dowd (Reporter), Simon Helberg, Frank Langella (William Paley), Katharine Phillips Moser (Moglie Di Jesse), Matt Ross (Eddie Scott).

DURATA: 90 '

TRAMA: La vera storia del giornalista Edward R. Murrow (David Strathairn) che, nel 1953, mentre la televisione sta iniziando ad imporsi all'attenzione del pubblico, conduce il notiziario "See It Now" sulla CBS e il talk-show "Person to Person" di grande successo. Edward si sente più a suo agio nei panni del cronista immerso nel ticchettare delle macchine da scrivere. Durante una discussione sul palinsesto del programma con i suoi giovani cronisti - che diventeranno poi tutti leggendari - emerge la vicenda di Milo Radulovich, cacciato dall'esercito degli Stati Uniti perché considerato "rischioso per la sicurezza nazionale" e dichiarato colpevole senza essere stato processato. Murrow, andando contro il volere dei suoi superiori e con il solo appoggio del suo editore, Fred Friendly (George Clooney), decide di divulgare la notizia durante la trasmissione. Lo scandalo produce l'intervento del senatore Joseph McCarthy, presidente della Commissione per le attività antiamericane. Il direttore della CBS a quel punto si convince a dare carta bianca a Murrow per smantellare una ad una le mancanze e le menzogne della commissione McCarthy con la sua manovra di terrore anti-comunista...

CRITICA a cura di Chiara F.: Cinema verità. e cinema storico. La ricostruzione, il gusto per le ambientazioni incolori ma calde, per l'effigie del passato impressa con le sue pieghe e la sua oscurità insondabile. Ancora oggi. L'attualità e la fiction estrema convivono nel secondo film diretto da George Clooney. Questi si ispira in parte alla scuola Soderbergh, con i suoi chiaroscuri in interni e le sue meta-rivelazioni che aspirano linfa dal cinema puro. E così mette in scena, con filmati di repertorio indistinguibili dal vero recitato, l'america degli anni '50, bianca e nera come in "Pleasantville" ma non viaggiante, anzi immobile, implosa nelle proprie passioni rivissute attraverso quelli che furono i maestri della divulgazione, della mostra e del vero: i giornalisti, duplici e integri, sedotti e indipendenti.
Quel mondo teatralizzato e lontano rivive attraverso gli studios, attraverso i banchi opprimenti e calorosi dell'informazione televisiva, e di quel fumo preponderante che si leva nella luce come un afflato estremo, nel suo essere puro ricordo.
Il giornalista Murrow esprime la sua verità, con una faccia antica e solcata e la recitazione di Strathairn adattata alla clausura emblematica del Network, con le sue trasmissioni brevi e pacate, le sue ingenue incursioni nel gossip che racchiudono in piccola parte quella pulsione riconoscibile allo svelamento, alla chiarificazione di cui lampade e microfoni sono simboli fermi. Dal caso Radulovich, giovane tenente il cui padre "legge giornali serbi", la pacatezza e l'eleganza esplodono nella denuncia necessaria, condotta con nettezza che oggi, più di ieri, sarebbe impensabile, con nomi esplicitamente incisi nell'orecchio dell'uditore, con prove ed inchieste che sfociano nella pasisone giuridica. Quella nettezza sorprende, sconcerta e teatralizza agli occhi moderni il film, dai tempi discontinui, estremamente parlato, estremamente forte senza accorgersene. Forte di quella tesi, l'affermazione alla libertà contro la caccia alle streghe immotivata, vessatrice e un po' ottusa, come dimostra lo stesso senatore MacCarthy nel confronto televisivo: non una parola su Radulovich, nessuna sostanziale smentita, solo un'accusa nuova, allo stesso conduttore del network.
Gli occhi moderni convivono con giochi più sottili, ottusità che non si rivelano se non attraverso ghirigori estremamente subdoli e sconfortanti prescrizioni. La scelta di Clooney, nerastra e anti-drammatica, lascia scivolare il finale senza dare la possibilità di porsi altre domande. La stessa morte evapora sulle note dal vivo della jazz-band, sulla voce straordinaria di Dianne Reeves che apparta Murrow-Strathairn nella sua immagine totemica, nel suo pensiero ispiratore e tenuto lontano. Pensiero che neppure la genuinità di intenzioni del film è riuscito ad affrancare. Chiara F.
VOTO: 7-

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