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RECENSIONE FILM HERO YING XIONG

HEROANNO: Hong Kong / Cina

GENERE: Azione

REGIA: Zhang Yimou

CAST: Jet Li, Tony Leung Chiu Wai, Maggie Cheung, Chen Daoming, Donnie Yen, Zhang Zi Yi, Wen Jiang.

DURATA: 93 '

TRAMA: Il Re di Qin (Chen Daoming), ossessionato dall'idea di conquistare tutta la Cina e diventare così Primo Imperatore, da tempo è il bersaglio di assassini provenienti dagli altri stati. Ma di tutti questi killer, nessuno lo terrorizza come i tre leggendari assassini chiamati Spada Spezzata (Tony Leung Chiu Wai), Neve che vola (Maggie Cheung) e Cielo (Donnie Yen). A chiunque li sconfigga, il Re di Qin ha promesso denaro, potere e un'udienza privata col Re in persona. Tuttavia, sconfiggere questi killer è un'impresa quasi impossibile. Per dieci anni nessuno è riuscito neanche ad avvicinarsi all'ambito premio. Perciò, quando Senza Nome (Jet Li), un enigmatico sceriffo, giunge al palazzo portando con sé le leggendarie armi degli assassini da lui vinti, il Re, sollevato ed entusiasta, decide di riceverlo subito a palazzo. Seduto al cospetto del Re, Senza Nome racconta la sua straordinaria storia...

CRITICA a cura di Pierre Hombrebueno: Dopo ben 2 anni di attesa, ringraziamo il signor Quentin Tarantino per aver portato da noi il primo wuxia pian (storie di cavalieri erranti, vero genere culto del cinema asiatico) di Zhang Yimou. Specifichiamo però, per non trarre in inganno gli spettatori, che Tarantino in questo film non ha fatto nulla, non l'ha diretto, nè prodotto, nè sceneggiato, ma si è "limitato" a dare i soldi per distribuirlo. Il fattore che colpisce maggiormente di quest'opera di Yimou è sicuramente l'impatto visivo, di una eleganza formale che ha quasi dell'incredibile: duelli a slow motion che fanno pensare più a un balet piuttosto che ad un combattimento, il tuttto fotografato con colori volutamente eccessivi e con lucidezza attenzione per certi elementi come le gocce d'acqua o le foglie degli alberi. Il regista intende sicuramente omaggiare Akira Kurosawa ed il suo "Rashomon", l'intreccio narrativo che intende ricercare la verità nascosta tra le bugie, così della storia ci vengono narrate più versioni, e anche se il dubbio rimane aperto fino alla fine, il trionfo è nella morale della favola: Così come Kurosawa in "Rashomon" terminò la sua opera in un grande messaggio di pace, la stessa cosa fa Yimou in Hero. Al contrario de "La Tigre e il dragone" di Ang Lee però, ciò che manca in Hero è una attenta analisi psicologica, tralasciando certi personaggi che sicuramente potevano essere sviluppati meglio: non ci sarebbe piaciuto un potenziamento analitico nel personaggio di Cielo? E che ruolo ha esattamente Luna, nel rapporto tra Spada Spezzata e Neve che vola? Forse per colpa anche delle difficoltà d'intreccio, Yimou non riesce quindi a dosare al meglio le varie parti filmiche, accennando a malapena gli ingredienti tipicamente wu-xia dell'amore o dell'orgoglio, si ha quasi l'impressione che il regista cinese voglia tappare i buchi inserendo numerosi combattimenti, certe volte addirittura inutili in quanto troppo ripetute, stancanti appunto. Interessante comunque i correlamenti che il regista fa tra l'arte della spada e l'arte della musica o della scrittura, concetti filosofici che vanno ad aggiungersi al tema principale della pellicola: Che cosa vuol dire essere un eroe. La figura eroica delineata dal film è un uomo saggio e coraggioso, pronto a sacrificare la propria vita per la patria, pronto a cancellare i rancori per il bene della popolazione. In Hero nessuno è totalmente buono o totalmente cattivo, sono semplicemente esseri umani alla ricerca del proprio essere, del proprio obiettivo da raggiungere, obiettivi che tutti raggiungeranno nell'epilogo. Pierre Hombrebueno
VOTO: 7,5

CRITICA a cura di Olga di Comite: Mi sembra che con questo film Zhang Yimou smetta di essere un cineasta critico, anche se non rivoluzionario, per diventare portavoce e stella del regime che lo aveva avversato ai tempi di "Sorgo Rosso" (1987) e di "Lanterne Rosse" (1991). L'operazione è di quelle che impongono "rispetto" sul piano del budget e degli incassi: il primo è il più alto della filmografia cinese, il secondo è importante negli Usa (oltre 50 milioni di dollari) e soprattutto in Cina, perché, da circa un anno, le sale sono regolarmente piene. Meno rispetto si prova, da parte mia, di fronte alla qualità del prodotto. Fermo restando la capacità visionaria e raffinata nelle immagini (a tratti anche troppo stucchevoli e barocche), il ritmo e i contenuti dell'opera non convincono affatto, per cui l'impressione dominante è quella di un'abile operazione commerciale che non scontenta nessuno. Contenti i cinesi, perché rivedono sullo schermo pezzi della loro storia in versione Wuxapiàn (genere cappa e spada), contenti i "neocon" cinesi più o meno allineati con la politica governativa, perché l'ideologia neoimperiale non dispiace; contenti gli americani che si riconoscono nella politica estera di Bush relativa all'impiego degli eserciti per garantire stabilità ed esportare democrazia. Scontenta io e credo molti altri spettatori che da questo maestro di riflessione sociologica e poetica sul suo paese ci aspettavamo di meglio e di diverso. Oltre alla ripresa del cappa e spada come genere e struttura narrativa in versione orientale, siamo di fronte a un omaggio per niente velato, e per certi versi in brutta copia, al classicissimo "Rashomon" di Kurosawa, nonché a una riedizione meno convincente di "La Tigre e il Dragone", da cui riprende i fascinosi duelli "volanti", senza però evitarne il monotono ripetersi e l'eccessivo ricorso a non sempre riusciti effetti speciali. Di suo Zhang Yimou ci mette una quasi maniacale alchimia nella ricerca del tono giusto del colore e proprio dal mutare delle tonalità di base sono caratterizzati i flash-back che si alternano via via che le versioni dei fatti mutano. La prima versione è giocata su un rosso caldo e soffocante, la seconda su un verde da acque di montagna, poi l'azzurro del cielo e infine il bianco del lutto e della saggezza. I colori del potere sono invece scuri, ferrosi, neri i cavalli possenti, rosse le bandiere.

Solo raramente però il virtuosismo si fa emozione; succede nelle prime riprese dei cavalieri al galoppo, nelle riprese della doppia morte di Neve Volante e Spada Spezzata, nell'ultima sequenza dove la solitudine dell'eroe sconosciuto (Senza Nome), che si accinge a morire, è pari a quella dell'imperatore che si accinge a riprendere la sua opera di pacificazione tramite la guerra e la conquista. La storia raccontata credo sia una di quelle che in Cina si studiano a scuola, perché si riferisce al re dello stato di Qin che circa 2000 anni fa riunì l'immenso territorio, fin allora diviso tra i sei signori della guerra che si combattevano l'un l'altro. Dopo averli sconfitti, Ying Zhang fonda sul sangue e sulla persecuzione dei maestri confuciani la nazione cinese con moneta, lingua, codici unificati. In breve sintesi i fatti specifici del film. Si presenta al re un oscuro funzionario del regno, portando le prove (le tre spade) della sconfitta dei suoi peggiori nemici che mirano ad eliminarlo. Senza Nome (l'eroe del titolo) racconta al sovrano come ha ucciso i tre. Egli ascolta prima ammirato, poi pian piano lo costringe a cambiare versione dei fatti, finché non lo smaschera facendogli ammettere la sua partecipazione al complotto per ucciderlo. Ma a quel punto Senza Nome preferisce arrendersi al re, perché ha compreso che le lotte porteranno alla pace e che solo così finiranno le devastazioni e gli orrori per le popolazioni. Si sacrifica quindi, lasciando vivo il sovrano e facendosi trafiggere da mille frecce.

Un'ultima parola sugli attori, bravi, intensi tutti. Particolarmente attraenti le donne che nel film danno vita a uno dei duelli più feroci quello tra le foglie e gli alberi gialli. Esse sono anche tra le first-lady del cinema cinese che presto vedremo impegnate con altri registi. Mi riferisco alla dolcissima e vibratile Zhang Zi Yi (qui nel ruolo minore di Luna) e all'affascinante e sensualissima Maggie Cheung per me indimenticabile in "The mood for love" di Wong Kar-Wai. Olga di Comite
VOTO:

SPIGOLATURE

Qualche notiziola in più sulle attrici del film. Maggie Cheung è una specie di Uma Thurman all'orientale. Quarantenne, nata a Hong Kong, vissuta in Inghilterra, approda al cinema dalle passerelle di moda. Ha lavorato con molti grandi (Wong Kar-Wai, Zang Ymou, Stanley Kwan) ma anche nei film di Kung Fu. La ritroveremo insieme a Zhang Zi Yi in "2046". Quest'ultima più giovane, 25 anni, è stata scoperta dal pubblico ne "La Tigre e il dragone" di Ang-Lee. E' un'ex-ballerina, attività di cui mantiene tutta la grazia, poi passata alla pubblicità; lì la noterà Zhang Yimou, per il quale sostituirà nel cuore e nello schermo la divina Gong Li. L'attore maschile Tony Leung (nel film Spada Spezzata) vorrei citarlo per una dichiarazione che riprendo da "La Repubblica" dell'8/10/04: << Condivido i valori di pace e umanità di questo film... Non partecipai alle manifestazioni del 4 giugno (Piazza Tiananmen) perchè ciò che fece il governo cinese era giusto: mantenere la stabilità nell'interesse generale e per il bene di tutti >>. Ma cosa avrebbero voluto quei "romantici radicali" spiaccicati dai carri armati al posto dell' "ordine" che ha permesso modernità, Coca-Cola, boom economico non per tutti? E l'autore dichiara su "Ciak" dell'ottobre 2004: << Il tema chiave di Hero è proprio la negazione della violenza: i miei personaggi sono motivati dal desiderio di porre fine alla guerra, per loro il cuore è più importante della spada... >>. Forse le intenzioni erano tali, ma i risultati divergono... Ancora altri, d'accordo con l'autore, affermano che questo film fa suo un messaggio pacifista; personalmente credo che l'apologo potrebbe essere in parte valido per 2000 anni fa; oggi con tutto quello che è cambiato, i conflitti debbono essere risolti col dialogo, con la diversa distribuzione del reddito e del sapere, con le diplomazie e gli organismi internazionali riformati e in grado di "contare" davvero.

 

INVITO

Invito a rivedere in videocassetta i film più belli di Zhang Yimou, a partire da "Sorgo Rosso" a "Lanterne Rosse", "La locanda delle felicità", "La storia di Qin Ju". Medesimo invito per "Rashomon" di A. Kurosawa, per un confronto tra il modo di presentare le diverse verità di uno stesso fatto. Idem ancora per "L'Ultimo imperatore" di Bertolucci: qui il confronto è tra ambiente, costumi e colori.

 

PROVOCAZIONI

1. Oggi la Cina è piu vicina o più lontana?

2. Chi è più eroico: Senza Nome o il re di Qin? E se non lo fosse nessuno dei due?

3. Il pacifismo è solo un'utopia o anche un metodo?

4. Pacifista oggi può sembrare, in alcune circostanze, analogo a fiancheggiatore incosciente del terrorismo: può essere vero?

 

a cura di Olga di Comite

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