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RECENSIONE FILM IL COSTO DELLA VITA LE COUT DE LA VIE

IL COSTO DELLA VITAANNO: Francia 2003

GENERE: Commedia

REGIA: Philippe Le Guay

CAST: Vincent Lindon, Fabrice Luchini, Geraldine Pailhas, Lorant Deutsch, Isild Le Besco, Claude Rich, Camille Japy.

DURATA: 100 '

TRAMA: Un taccagno irriducibile incapace di pagare un conto...Un ristoratore troppo generoso che si rovina a furia di investire...Una donna misteriosa decisa a far pagare gli uomini...Un imprenditore che svende le sue fabbriche dopo un infarto...Una giovane ereditiera che vuol farsi amare per se stessa...Questi personaggi sono destinati ad incrociarsi a Lione in pochi giorni: attraverso le loro storie intrecciate IL COSTO DELLA VITA cerca di mettere a nudo il nostro rapporto segreto con il denaro. Da dove ci viene la nostra avidità o disinvoltura? Perché alcuni spendono freneticamente mentre altri considerano il denaro come la parte più importante del loro essere? Si pensa di parlare di soldi...in realtà è un problema d'Amore...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Una piccola commedia umana alla Balzac, ma con la leggerezza mischiata a un pizzico di serietà e di dramma, come spesso i francesi sanno fare. Lo spunto è nuovo, ma non lo è la struttura. Mi spiego. Nel film di Philippe Le Guay (autore di un'altra opera, "38", non uscita nelle sale), al centro sono i soldi o più precisamente il rapporto psicologico, esistenziale, materiale che ha con il denaro la gente comune. Non quella di Wall Street, per intenderci, bensì quella in lotta con la spesa e il passaggio all'euro un po' ovunque in Europa. La struttura del film (diversi personaggi che si sfiorano, si legano, si perdono di vista) ha ormai numerosi precedenti nella filmografia d'ogni paese. Con valore quasi d'archetipo potremmo ricordare "Nashville" di Altman; poi "Il gusto degli altri" di Agnès Jaoui, anch'esso francese nel genere commedia amarognola e, infine, il recentissimo "21 grammi" di A. G. Inarritu. E' vero d'altronde che per gestire questa circolarità di azioni in opere così strutturate ci vuole intelligenza e mano abile per non scivolare nell'artificio troppo scoperto. E veniamo al contenuto. Ha dichiarato l'autore che lo spunto alla sua riflessione sul peso che il denaro esercita nella vita quotidiana, gli è stato offerto da un personaggio della cronaca che poi ritroviamo nel racconto. E' quello di una giovane ereditiera, Laurence (Isild Le Besco), occupata a celare, a partire dagli abiti, la sua condizione, perché convinta che ognuno le si avvicini per il patrimonio e perché oppressa da sensi di colpa per una ricchezza ricevuta a causa della morte di entrambi i genitori. A partire da lei, l'attenzione di Philippe Le Guay si concentra su altri quattro tipi o personaggi principali, che impersonano in modo non rigido e non superficiale la categoria del generoso spendaccione, del tirchio consapevole, del ricco che scopre che non tutto si può comprare, della prostituta che liberamente spende o di accumula senza investire. Attorno ad essi ruotano personaggi minori molto godibili, quello dell'operaia in mobilità, caustica e concreta, e quello dell'ufficiale giudiziario, non proprio inflessibile e che si ritrova addirittura ad assistere durante un parto la compagna di una sua "vittima". Quest'ultima è Gilbert (Vincent Lindon), un ristoratore che ha le mani bucate, offre pranzi a molti nel suo locale, pensa a nuovi investimenti pur essendo già insolvente con le banche. Il fatto è che Gilbert ha bisogno di essere accettato e stimato da tutti e crede con la sua generosità di conquistare gli altri, in primis i familiari della sua dolce compagna, di classe superiore alla sua. C'è poi l'avarissimo Brett (Fabrice Luchini), per cui ogni centesimo conta. Egli è giunto al punto di rinunciare all'amore della sua donna perché, dovendo spendere per farle un regalo, ha preferito fuggire. Come Gilbert non sa ricevere, Brett non sa dare e (neanche a dirlo) soffre di una simbolica e terribile stitichezza. Toccherà a Helena (Lorant Deutsch), la prostituta, fredda amministratrice di se stessa, che ha escluso qualsiasi ombra di sentimento dal suo lavoro, il compito di aiutare Brett a superare la sua tirchieria. Lo farà un po' perché mossa a pietà della sua avarizia, un po' per dimostrare che può riuscire bene anche in qualcosa di diverso dalla propria attività, senza comunque rinunciare ai vantaggi economici che ne ricava. E infine il vecchio Nicolas (Claude Rich), ricco, raffinato finanziere, solissimo, che dopo un infarto molla tutti i suoi interessi e s'innamora, ma non può comprare i sentimenti di una giovane donna. Questi ruoli principali si affiancano ad altri e tratteggiano un affresco che ha il dono della scorrevolezza, con un linguaggio classico e una fotografia pulita e a tratti efficace. Alla fine della storia viene fatto di pensare che in ciascuno di noi c'è qualcosa dei personaggi che abbiamo "spiato" nel buio della sala, a volte generosi, a volte tirchi, a volte liberi dal soldo, a volte in colpa per averne un po' più degli altri. Questo riconoscersi è un buon segnale di un film non ambizioso ma riuscito. Olga di Comite
VOTO:

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