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RECENSIONE FILM IL REGISTA DI MATRIMONI

IL REGISTA DI MATRIMONIANNO: Italia 2006

GENERE: Commedia

REGIA: Marco Bellocchio

CAST: Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni, Bruno Cariello, Simona Nobili, Caludia Zanella, Corinne Castelli, Silvia Ajelli.

DURATA: 107 '

TRAMA: Franco Elica (Sergio Castellitto) è un regista in crisi dal matrimonio della figlia con un fervente cattolico e dalla necessità di dover girare ancora una volta una versione de "I Promessi Sposi". Decide così di partire per la Sicilia alla ricerca dell'ispirazione che sembra aver perso. Lì ritrova un suo amico di vecchia data, anche lui regista, che si spaccia per morto nella speranza di raggiungere la fama che finora gli è stata negata. Incontra anche un uomo che vive realizzando le riprese dei matrimoni. Conosce anche il principe Gravina di Palagonia (Sami Frey), un nobile spiantato che gli propone di dirigere le riprese del matrimonio della figlia Bona (Donatella Finocchiaro). Franco si innamora subito della giovane e bellisssima ragazza e si propone di riuscire a evitarle di contrarre un matrimonio di convenienza...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Brani di grande cinema si alternano a parti più stanche, l’immagine irrompe comunque sullo schermo con una forza che si impone ed invera le dichiarazioni di Bellocchio sull’importanza fondamentale nel suo cinema di ciò che si vede. Una Sicilia impetuosa e misteriosa, letteraria e fiabesca, ritorna a mostrare il suo fascino aldilà di quanto in quella terra di mafia si consuma ogni giorno.

Come nelle grandi favole, il bene e il male si mescolano, il magico irrompe nel reale e lo frantuma, il filo narrativo spesso si perde in interruzioni volute dove l’onirico e il simbolico hanno la meglio, riportandoci a quella dimensione psicanalitica che l’autore aveva abbandonato negli ultimi film politici "Buongiorno Notte" e "L’Ora di religione". Il surrealismo ironico di Bu uel, alternato a echi del surrealismo francese alla Cocteau, viene rivissuto in forme originali. Difficile da catalogare dunque quest’opera, perché tocca i problemi più vari, sempre con questo ritmo sotterraneo e spezzato, mescolando realismo e iperrealismo, servendosi della nitidezza del digitale o di immagini sfocate in bianco e nero tipiche della ripresa da videocamera di sorveglianza. Quasi che il protagonista fosse sempre spiato, un po’ come tutti noi, in quest’epoca di schedature universali e reti telematiche, che passano più che mai sulle nostre teste.

Ma Franco Elica (Sergio Castellitto a suo agio nel ruolo) regista in ribasso, è anche una persona in crisi professionale ed esistenziale e la storia esplora perciò il mondo del cinema e le sue liturgie, nonché il percorso di un innamoramento, quasi da fiaba, e i limiti sociali del matrimonio. A questo riguardo ho trovato grottesche e forti le prime sequenze sulle nozze di sua figlia, con quello strascico calpestato nella foga dei cerimoniali, le facce stravolte degli sposi, lo spaesamento del padre, costretto, come, poi riavverrà in seguito, a girare il filmino della cerimonia, che guarda con distacco ed estraneità. Di rito in rito, Franco porta la sua discutibile modernità in una Cefalù-Bagheria d’altri tempi, e pian piano modifica il suo atteggiamento umano.

A tratti egli sembra essere la vittima di un qualche complotto, ma la situazione evolve poi verso un finale non precisato, ma con un filo di speranza. Questa ostinazione a passare dal buio a segnali positivi, connota un po’ tutte le opere di Bellocchio, e per questo il finale irritale del suo "Buongiorno Notte" conobbe le critiche della sinistra più piatta e conservatrice. Qualche osservazione anche su un personaggio minore, quello del regista Smamma (Gianni Cavina in stato di grazia) perché simboleggia l’opposto del modo di essere di Franco Elica e fornisce un’altra sfaccettatura dei problemi legati all’essere artista. Egli ha bisogno di riconoscimenti ufficiali e di premi, come tanti che nel mondo delle arti venderebbero l’anima per questo; Elica invece fugge la superficialità della fama, avendo iniziato un percorso di profondo scavo nella sua esistenza.

Bellocchio sembra così far capire che l’artista deve mantenere integra la sua identità, senza snaturarsi e incattivirsi nella ricerca della pubblica lode, sotto forma di coppe o palmares di varia natura. Tante altre considerazioni si potrebbero fare, ma è meglio che ciascuno aggiunga le sue pennellate all’affresco diseguale ma affascinante del regista.

In breve la trama, per quel poco che se ne può ricavare cronologicamente. Un regista romano impegnato nei provini per la nuova versione de "I Promessi Sposi", fugge dalla capitale perché coinvolto, a torto o a ragione, in losche faccende e anche perché già in crisi professionale e umana. Lo ritroviamo d’improvviso su una spiaggia siciliana, dove un regista del paese sta filmando in modo convenzionale una coppia di sposini. Riconosciuto il collega più noto, lo ospita a casa sua e gli propone una collaborazione.

Più tardi Elica, per suo tramite, incontra il principe di Gravina (un ancora affascinante Sami Frey), che, in difficoltà finanziarie, caldeggia il matrimonio d’interesse della figlia Bona (Donatella Finocchiaro) con un ricco del luogo. Il principe padre commissiona al regista le riprese delle nozze, ma questi si innamora della fanciulla, la segue, la insegue in mille occasioni oniriche e non, per sabotare l’unione non voluta. Alla fine non si comprende bene se i due fuggono insieme o se l’andar via è solo del regista che in treno si allontana dall’isola. Finale dinamico dunque in un’opera che inquieta senza essere disperata e affascina senza convincere. Olga di Comite
VOTO:

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