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RECENSIONE FILM L'ARIA SALATA

L'ARIA SALATAANNO: Italia 2007

GENERE: Drammatico

REGIA: Alessandro Angelini

CAST: Giorgio Pasotti, Giorgio Colangeli, Michela Cescon, Katy Louise Saunders, Sergio Solli, Maria Caterina Frani, Sauro Artini.

DURATA: 85 '

VISITA IL SITO

TRAMA: Fabio (Giorgio Pasotti), un educatore dei detenuti di Rebibbia, ritrova per caso all'interno del carcere suo padre, Luigi Sparti (Giorgio Colangeli), che è stato condannato per omicidio e finge di essere epilettico per ottenere la semi-libertà. Fabio e Luigi non si sono più visti da quando l'uomo ha abbandonato il figlio, che all'epoca aveva solo 6 anni, ed è completamente ignaro del profondo legame che lo unisce a Fabio. Il giovane decide di aiutare il padre, ma quando scopre che spaccia droga all'interno dell'istituto penale si scontra con lui e gli rivela la sua identità. Padre e figlio iniziano un confronto che li porterà a confidarsi le reciproche sofferenze vissute negli anni di lontananza...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Il titolo è di quelli che si ricordano, quasi un’espressione poetica che evoca, forse, il mare con cui si apre e si chiude il film, un’aria salata ed amara come le tensioni che il racconto affronta. Opera prima, di non grosso impegno economico, di durata minore della solita, di un regista con altre prove nel documentario realistico, proveniente dall’ambito Sacher di Moretti.
Le credenziali dicono già molto sul contesto e sul personaggio e il risultato non delude. Il racconto si svolge tra un dentro e un fuori: un dentro del rapporto padre-figlio e il fuori che lo ha caricato di odio, oppure un dentro che è l’individuo e un fuori che è la famiglia. Tutto ciò si incrocia e colora di rimandi, una storia semplice nei fatti e complessa nei riflessi e nelle dinamiche che comporta. Non si tratta di un rapporto normale genitore-figlio (già complicato di suo), ma di un figlio che di mestiere fa l’educatore carcerario e di un padre che di mestiere fa il carcerato. I due, dopo la tragica condanna per omicidio del padre, non si sono più visti e sentiti. Infatti la famiglia, moglie figlia e figlio, ha cambiato anche il cognome per cancellare la vergogna di quel padre delinquente e cinico. Quest’ultimo da parte sua, dopo il fattaccio, ha ignorato quell’appendice di vita fuori di cui non gli importava granché. Non è quindi per caso che Fabio (Giorgio Pasotti) ha scelto di fare un lavoro difficile e frustrante, svolto con sufficiente sensibilità e fermezza, finché una mattina non gli si siede davanti il padre (Giorgio Colangeli). Così ritorna a galla tutto il passato e si apre una dialettica tra l’odio e il possibile superamento di esso nell’amore. L’incontro mette in crisi anche il rapporto del giovane con la sorella, fin allora nutrito di protezione reciproca e cementato dal rancore verso il carcerato. Il confronto padre-figlio si svolge con sullo sfondo la realtà carceraria, punto di partenza e parte integrante del film. A quel mondo chiuso e violento Angelini si accosta con spirito da documentarista e con l’esperienza del volontariato svolto a Rebibbia. Di entrambe le cose il regista sa far tesoro, perché la comprensione di quello che in profondità si agita dietro le sbarre, in ogni persona che ci vive o ci lavora, dà ai dialoghi e alle situazioni un sapore di verità percepito con forza dallo spettatore. Se difetto c’è nella rappresentazione, è quello dell’ambiente poco affollato e abbastanza decente del luogo di detenzione, in contrasto con quanto abbiamo visto in altre immagini. Ma, a parte questo e qualche scena di troppo non significativa, siamo di fronte a un’opera secca, nervosa, partecipe e scevra dal difetto di eccessivo moralismo. L’autore si mantiene in bilico e con misura doppia territori infidi, ardui da accostare, perché si riferiscono a capisaldi della società, come la famiglia (verminaio degli odi e paradiso degli affetti) o la giustizia, che punisce ma raramente sa rieducare. In questa navigazione Angelini è comunque aiutato dalle due belle prove di Pasotti, che già conoscevamo, ma soprattutto di Colangeli, meno noto, ma il migliore in assoluto nel rendere il personaggio del padre, irredimibile in apparenza ma ricco di sfumature. Olga di Comite
VOTO:

 
 

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