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RECENSIONE FILM LA KRYPTONITE NELLA BORSA

LA KRYPTONITE NELLA BORSACRITICA a cura di Olga di Comite: Colorato, ironico, metà tra realismo e fantasia, questo film garbato stilisticamente e ricco nei contenuti, dopo la pessima prova di Bar Sport, riconcilia col cinema italiano che, un passo avanti e uno indietro, sta comunque sfornando qualche opera apprezzabile. Mi riferisco a Crialese, Sorrentino, Salvatores e, non ultima, questa prova d’inizio alla regia di Ivan Cotroneo.

La sceneggiatura a tre mani ha origine da un suo lavoro letterario del 2007. Come già avvenuto in altri impegni da sceneggiatore (Tutti pazzi per amore e Mine Vaganti), l’autore pone al centro una famiglia un po’ stramba e variegata, nel senso che ognuno a suo modo percorre un cammino di formazione, a cominciare dal bambino con i cui occhi, azzurri e un po’ tristi, sono guardati fatti e personaggi. Questi ultimi sono una piccola folla, ma nessuno scade nella macchietta, perciò si può dire che al nucleo familiare già numeroso, si affiancano persone che aggiungono elementi di autenticità al quadro principale.

E poi c’è il tocco surreale: un Superman tutto napoletano. Si tratta di un cugino maggiore del piccolo protagonista, convinto di essere il super-eroe, attento perciò a evitare la kryptonite, che lui pensa nascosta nelle borse: nonostante i suoi poteri sovrumani, morirà sotto un tram. Ci penserà Peppino, il ricciuto cuginetto, con i suoi nove anni alla ricerca della comprensione del mondo, a resuscitarlo con l’immaginazione. Così il personaggio frutto della fantasia da fumetto finisce con l’incarnare la saggezza, che aiuterà il ragazzino a crescere e a inserirsi nella realtà. Questo diventa chiarissimo nell’ultima scena dove il simbolico volo dei due si conclude con un dialogo dalla morale poetica e un po’ ruffiana: decidi tu cosa vuoi esser nella vita, la normalità non è necessariamente un bene, nessuno può importi un suo modello di esistenza.

Nel frattempo Peppino, che porta con sofferenza gli occhiali, ha difficoltà a relazionarsi con i coetanei, attraversa silenzioso e vigile la crisi matrimoniale dei suoi e la depressione della madre. Si trova perciò a condividere le esperienze tra figli dei fiori, trasgressione e femminismo di due giovani zii cui è affidato. Famiglia “sgarrupata” alla napoletana maniera o soltanto vita scomposta e ricomposta tra realtà di una Napoli in fermento sotterraneo Anni '70 e surrealtà che serve al ragazzo per uscire dall’infanzia? Un po’ entrambe le cose e anche di più (vedi crisi della madre tra tradizione e nuove aspirazioni), ma senza rinunciare a cogliere, con ironia e simpatia, senza eccessi nostalgici, cosa si muove dietro o prima del sociale nei singoli individui.

Ci scorrono perciò sotto gli occhi contraddizioni, meschinerie, slanci, divertimento e tanti abiti orrendamente kitsch con colori che fanno a pugni ma rivendicano anch’essi la loro libertà di esistere. Le invenzioni piccole ma efficaci, la capacità di centrare con una sola battuta un conflitto tra generazioni, la colonna sonora giocata con leggerezza tra Dalidà, Peppino Di Capri e David Bowie, la fotografia di Bigazzi convincente come sempre, rendono gradevolissimo il risultato.

Manca forse all’esordiente Cotroneo una maggiore fluidità e il coraggio di qualche taglio qua e là. Stiamo a vedere, attendendo nel frattempo l’annuunciato Faust in odore di capolavoro. Olga di Comite
VOTO:

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