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RECENSIONE FILM LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMICRITICA a cura di Olga di Comite: Già dalle prime scene il talento di Costanzo, per me che ne sono un‘ammiratrice, mi è parso riconfermato anche se il linguaggio rispetto alle prime due opere è certamente mutato. Primo segnale, insieme ad altri, di un autore che si muove sperimentando, senza fretta di sfornare comunque film, e con una impronta originale, semplice da decifrare in Private e In memoria di me, più complessa ed ambiziosa in quest’ultimo.

Dal libro interessante ma un po’ freddino di Luca Giordano, il regista ha ricavato qualcosa di angoscioso, con un’atmosfera dolorante, da horror incombente (certe scene fanno pensare al Kubrick di Shining). L’orrore è dentro i personaggi e fuori di loro: nelle maschere livide ed eccessive delle recite e dei giochi dei bimbi, nei luoghi sospesi in una sospetta immobilità come le anime dei personaggi, nelle visioni cupe ed evanescenti dei paesaggi innevati.

La successione cronologica degli eventi presente nel romanzo, ha lasciato il posto ad un alternarsi dei piani temporali, in modo che i traumi sofferti dai protagonisti vengano spostati verso la fine della narrazione. La ricerca di uno stile diverso, più autoriale, può diventare (specie nella seconda parte) artificiosa; la colonna sonora, d’urto e suggestiva, a volte, invade esageratamente lo svolgersi della storia. Per sfuggire ad eccessi di pathos si cade, infatti, in un cerebralismo fastidioso. In tali momenti il racconto gira su se stesso e la pluralità dei generi produce confusione. Ma i limiti non bastano a negare il fascino del risultato complessivo, tanto che lo stesso autore de La Solitudine dei numeri primi ha dichiarato da spettatore di “aver ritrovato il senso del libro”.

Del resto, ritengo che nella vita di molti di noi sonnecchino ferite infantili che generano pulsioni di isolamento o autodistruzione, solo che nella generalità l’assunzione di responsabilità nell’età adulta, e quindi il distacco dall’infanzia, prima o poi arriva. In questo caso Alice e Mattia non consentono a se stessi di amarsi, di uscire dallo strazio in cui sono murati. Colpiti nel corpo e nello spirito da sensi di colpa e autolesionismo acuto, i due si conoscono da piccoli, si sfiorano, si rincontrano da adolescenti, diventano grandi, perdendosi di vista per sette anni, infine si ritrovano.

E qui Costanzo ha voluto introdurre nel film una speranza, non di gioia certa ma almeno di un tentativo di riemergere dal dolore individuale. Da numeri primi divisibili solo per uno e per se stessi a un’incerta e difficile possibilità di cambiamento che nel libro non c’è. Gli attori Luca Marinelli e Alba Rohrwacher, interpreti di Alice e Mattia adulti, si sono impegnati al massimo nel ruolo, fino a modificare anche i propri corpi segnati da anoressia o da autolesioni materiali. In definitiva, opera difficile da seguire questa, ma difficile anche da dimenticare. Olga di Comite
VOTO:

 

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