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RECENSIONE FILM BLOOD STORY LET ME IN

BLOOD STORYCRITICA a cura di Roberto Matteucci: Il cinema svedese ha proposto degli interessanti prodotti cinematografici, ricchi di idee e di fascino. Gli americani – affamati come sempre di ispirazioni – li hanno catturati per produrre dei remake in base alle loro rappresentazioni mentali.

Arriverà Uomini che odiano le donne con il suo seguito, nel frattempo, si sono esercitati con il film Lasciami entrare di Tomas Alfredson. Un film svedese molto bello. E’ una storia di vampiri atipica e contraria a quella fascinosa di Twilight. Let me in sposta l’obbiettivo dalla ragazza vampiro al ragazzo imbranato e difficile. Matt Reeves converte l’originale in un Twilight più corposo ed introspettivo. Il pericolo di questa trasformazione non è stato evitato.

In una città di provincia americana, Owen, è un ragazzo timido, impacciato, senza amici con tanti problemi con i bulli della scuola. Vive solo con la madre. Ha il vizio di spiare i vicini. Così, un giorno, scoprirà arrivo nell'appartamento accanto di un uomo anziano con una bambina, Abby, della sua età. Owen durante una notte pensosa e triste passata nel giardino conoscerà la ragazza. Nascerà una amicizia basata sulla loro solitudine, sulla loro sofferenza. Due tristezze che si uniscono. Il passato di Abby è violento e doloroso. Lentamente Owen lo scopre innamorandosi della ragazza e del suo supplizio.

La parola vampiro è detta una sola volta in tutto il film. Il disagio di essere assettata di sangue sembra passare in secondo piano di fronte alle difficoltà umane ed affettive del ragazzo. L’amicizia si evolverà in qualcosa di più: per Owen si trasformerà in amore e totale dedizione fino alla sua dissolvenza umana e familiare.

Può un vampiro amare un essere umano? Se i ragazzi Edward e Bella di Twilight ci riescono con l’astinenza e la dedizione in Let me in tutto diventa molto più difficile. Owen e Abby sono molto più umani, non hanno una patina di bontà, forse lo vorrebbero, ma in realtà sono feroci e spietati senza un minimo di pietà. La bella velatura sparisce e si entra una quotidianità complicata. La crudele ricerca di sangue necessaria per vivere fa da contrappeso alle vessazione dei teppisti della scuola.

L’amore tra i due è troppo romantico per precisa volontà del linguaggio di Reeves. Per sua scelta il disagio di Owen prevale, diventando predominante. Abby è succube e a volte incoerente. La recitazione di Kodi Smit-McPhee nella parte di Owen prevede questo dominio, essendo al centro dell’inquadratura e della scena costantemente. Gli Owen e Abby svedesi non sono così svenevoli e pietosi, il rapporto è paritetico, facendo regnare una maggiore armonia stilistica. Roberto Matteucci
VOTO:

 

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