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RECENSIONE FILM MATCH POINT

MATCH POINTANNO: U.S.A. 2006

GENERE: Drammatico

REGIA: Woody Allen

CAST: Scarlett Johansson (Nola Rice), Jonathan Rhys-Meyers (Chris Wilton), Brian Cox (Alec Hewett), Matthew Goode (Tom Hewett), Penelope Wilton (Eleanor Hewett), Emily Mortimer (Chloe Hewett Wilton), Miranda Raison (Heather), Woody Allen, Zoe Telford (Samantha), Rose Keegan (Carol), Eddie Marsan (Reeves), Alexander Armstrong (Sig. Townsend), Steve Pemberton (Detective Parry), Ewen Bremner (Ispettore Dowd), James Nesbitt (Detective Banner), Selina Cadell (Margaret), Georgina Chapman (Collega Di Nola), John Fortune (John, L'autista), Mark Gatiss (Giocatore Di Ping-Pong), Emily Gilchrist (Amica Degli Hewetts), Scott Handy (Amico Degli Hewetts), Mary Hegarty (Musicista Del 'rigoletto'), Nikki Inwood, Paul Kaye (Agente Immobiliare), Toby Kebbell (Poliziotto), Janis Kelly (Musicista Della 'la Traviata'), Simon Kunz (Rod Carver), Philip Mansfield (Cameriere), Steve Morphew, Anthony O'donnell (Custode), Alan Oke (Musicista De 'la Traviata'), Rupert Penry-Jones (Henry), Colin Salmon (Ian), Geoffrey Streatfeild (Alan Sinclair), Margaret Tyzack (Sig.ra Eastby), Patricia Whymark.

DURATA: 124 '

TRAMA: Chris (Jonathan Rhys-Meyers), un giovane irlandese, bello, sicuro di sé e, naturalmente, fortunato con le donne, legge "Delitto e castigo" di Dostoevskij. Di origini modeste, attraverso il tennis professionale si emancipa dalla povertà, poi lascia il tennis e l'isola natale per andare a Londra, con l'ambizione di raggiungere il successo. Gli Hewitt, nobili e ricchi, lo accolgono generosamente nel loro giro di amici, tanto che la loro figlia Chloe (Emily Mortimer) si innamora di lui e lo sposa. Per Chris, il giro sembra chiuso, la vita sognata è divenuta realtà ma, un giorno, ritorna nella sua vita Nola (Scarlett Johansson), per cui lui aveva già perso la testa quando era fidanzata con il suo amico e cognato Tom (Matthew Goode). La passione tra i due si scatena e sembra incontenibile, e Nola rimane incinta mentre Chloe sembra non riuscire ad avere il figlio che desidera. Chris si rende conto, però, che la passione non vale la sicurezza opulenta che ha raggiunto. Nel tennis è il match point che segna la fine della partita. Nella vita, è il caso a determinare la vittoria o la sconfitta. Un anello resta sospeso per un attimo. Cadrà al di qua o al di là della rete? La fine della storia dipenderà da questo. Ma nella nostra società, in cui regna il cinismo e si è perso ogni senso morale, alla colpa non segue più il castigo ma solo un po' di rimorso che impedisce il pieno godimento della propria fortuna...

CRITICA a cura di Chiara F.: MATCH POINT: IL NUOVO TEATRO ALLENIANO A LONDRA - AD UN ANNO DI DISTANZA DA "MELINDA E MELINDA", IL REGISTA SCEGLIE UNA STORIA DISTANTE, ASSOLUTA, DISSACRANTEMENTE PLUMBEA.
Non è esatto affermare che Match Point è il primo film di Woody Allen girato fuori dalla sua Big Apple. Basti pensare alla trasferta italiana di "Tutti dicono I love you", e persino alle scene coreutiche chiaramente non metropolitane de "La dea dell’amore". Match Point è però interamente inglese, pienamente immerso nella piovosità plumbea di una società in parte “altra”, in cui l’acqua si deposita sui corpi e annacqua con violenza le membra e i pensieri dei suoi personaggi.
Con poche concessioni, felpate, rigorose, alla macchina-cinema il teatro da sempre sottotesto delle storie del cineasta non esita a rivelarsi. Tragedia umana, sotto forma di citazione: Sofocle che argomenta, attraverso la voce del protagonista, sul valore della fortuna nell’esistenza di un uomo. Dunque sorte, fato, ma anche volgarissimo smacco alle convenzionali regole della buona giustizia, che dovrebbe trionfare almeno al cinema. Il richiamo al teatro rimbomba nelle sontuose note d’opera, le parole dipinte e ridicole a sottolineare l’enormità della pazzia, il vigoroso orrore della storia “normale”.
La vicenda di Chris comincia in un salotto ricco e soffocante, attraverso l’espediente ludico di una pallina da tennis indecisa, emblema degli svincoli che dovrà affrontare. Una pallina indecisa, come è lui, impacciata, rovinosa. Istruttore di tennis, sarà attratto da Chloe, vitale ed effimera ragazza di buona famiglia, che sposerà e attraverso la quale rivoluzionerà la sua vita lavorativa. Eppure sarà attratto, passionalmente, ineluttabilmente, da un altro sguardo straniero: quello di Nola, figura ondeggiante e decadente persino nel nome. Sarà un incrociarsi di andature barcollanti quello tra l’attrice sfortunata e l’apparentemente glaciale irlandese. Un susseguirsi di ripensamenti a frastornare il bel viso compatto, il linguaggio apatico, le movenze vagamente scivolose.
La prima parte del film scorre deliziata e quasi frivola, con un pubblico in sala attento a sottolineare, come nei grandi riti, il clownesco andamento di un innamoramento che non sa d’amore. Poi le linee spezzate, le urla, il potere decisionale che s’impossessa di Chris nel più crudele, nel più odioso dei modi. Un anello che non riesce ad oltrepassare una ringhiera, stretto simulacro di quella fede paterna adottata e volgarizzata, lo salverà. Una concatenazione quasi inverosimile di eventi che porta al trionfo di un fato favorevole, nonostante il consueto impaccio del giovane diventato omicida, il consueto disfarsi del suo viso di fronte all’atto che premedita e compie. Nonostante il forte sospetto, un pre-finale che torna a colorare la pellicola di sarcasmo, dopo l’indifferenza per quella (o meglio quelle) morte, vede i due poliziotti-caratteristi assolvere Chris. Al quale non resterà che affrontare, tra brevi lacrime di rimorso e freddi appigli ad un sapere superiore, i fantasmi delle due donne morte.
A differenza di quanto affermato dallo stesso Allen, resta arduo riuscire ad assolvere i lineamenti obliqui del protagonista, né si riesce a provare simpatia per la vittima e per la sua ampollosa, distrutta bellezza. Lo stesso film, piacevole ed impeccabile formalmente, ci narra una storia terribile senza stucchevole pathos, ma con un cronachismo che a tratti mostra lacune psicologiche. Comunque, un gradevole brivido che coniuga storia e cultura antica, religione e gioco agonistico. Chiara F.
VOTO:

CRITICA a cura di Olga di Comite: Quando meno te l’aspetti, abituati a una serie di piccoli film carini ma ripetitivi e stanchi, ecco che la zampata del “leoncino nevrotico” di nome Woody Allen, colpisce ancora. Match Point è un’opera diversa o tutt’al più inseribile nel filone tra serio e thriller ("Crimini e misfatti"), con un occhio al noir americano e l’altro al cinema psicologico europeo e al romanzo occidentale (Balzac, Maupassant, Flaubert). Comunque è una rappresentazione seria e cattiva dell’assunto iniziale che mi trova pienamente d’accordo. Nelle prime sequenze infatti è svelata la metafora del titolo “Punto partita”, quello che nel gioco del tennis decide, a seconda che la pallina cada di qua o di là della rete, chi vince e chi perde. Così è nella vita: il Caso o la Dea bendata sono il vero discrimine, altro che intelligenza, bontà o il ciascuno artefice del suo destino. Il gioco dell’esistenza è in realtà privo di regole e non c’è battaglia che si possa ingaggiare per farsi amico il Destino, che spesso sembra premiare i peggiori. Siamo lontani dalla redenzione e dal castigo del classico Dostojevski citato nel film; nel nostro tempo non c’è neanche castigo, poiché in questo deserto etico anche gli assassini sono a piede libero. Nessuna concessione all’umorismo può scalfire queste conclusioni quasi nichiliste che giustificano l’epilogo finale a sorpresa in cui il ritmo del thriller trova la sua giusta misura. Inutile cercare l’altra valvola di sicurezza di tutta l’opera di Allen: la presenza ovunque del jazz e dello swing, neanche un brano dei suoi amati autori. Al posto loro l’opera lirica nella sua versione più melodrammatica, Traviata e affini, E infine non c’è New York, siamo a Londra bella grigia e rossastra ma sfondo di una felpata lotta di classe, di rituali intellettuali con poco sale, di aridità sostanziale; lo scenario insomma adatto al cinismo meno volgare di quello americano in certi strati sociali ma non per questo meno negativo. Altrettanto amaro è il giudizio sugli arrampicatori sociali dei quali il personaggio principale è il meschinissimo prototipo. Se qualche battuta rompe l’atmosfera drammatica in crescendo, è anch’essa beffarda e non lievemente ironica. Dà disagio e non fa sorridere. Nessun difetto allora in questo ambito di discorso? L’unico a me pare una certa lentezza narrativa e un eccesso di insistenza sul divampare della passione. Perché c’è anche la novità di scene erotiche forti e sensuali, esaltate dai due attori scelti dal regista; entrambi sono giovani, emergenti e seduttivi, anche se lui (Jonathan Rhys-Meyers) sembra un Elvis Prestley in salsa inglese e lei (Scarlett Johansson) una troppo curvilinea e tozza biondona.
In due parole la trama. Chris, irlandese nullatenente, dà lezioni di tennis a un giovane della ricca borghesia inglese nel club in cui ha trovato lavoro; ne sposerà poi la sorella Chloe, iniziando così la sua scalata al successo, patrocinata dal suocero. Quando tutto sembra filare liscio, reincontra Nola, l’ex-fidanzatina del cognato e imbastisce con lei, che ha origini modeste come lui, una relazione con la Johansson nel ruolo della magnifica ossessione. E l’ossessione, lo sappiamo fin dai tempi di Visconti, può portare al delitto...
Adesso non ci resta che aspettare la prossima opera annunciata ("Scoop"), sperando che sia tale di nome e di fatto e ci regali una doppietta del punto partita di questa ultima opera. Olga di Comite
VOTO:

 
 

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