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RECENSIONE FILM N IO E NAPOLEONE

RECENSIONE N IO E NAPOLEONEANNO: Italia 2006

GENERE: Commedia

REGIA: Paolo Virzì

CAST: Daniel Auteuil, Elio Germano, Monica Bellucci, Massimo Ceccherini, Valerio Mastandrea, Sabrina Impacciatore, Francesca Inaudi, Omero Antonutti, Margarita Lozano.

DURATA: 100 '

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TRAMA: Isola d'Elba, 1814. Napoleone (Daniel Auteuil), esiliato sull'isola toscana, viene accolto con entusiasmo dal popolo e dai nobili locali, ad eccezione del giovane maestro Martino Papucci (Elio Germano), ultimogenito di una famiglia di commercianti di Portoferraio. Idealista e libertario poeta in erba, amante della bella Baronessa Emilia (Monica Bellucci), Martino ha il segreto desiderio di uccidere il tiranno che ha tradito la rivoluzione e che ha mandato a morte sui campi di battaglia di tutta Europa tanti giovani che credevano in lui. L'occasione si presenta grazie ad un posto come scrivano e bibliotecario presso la dimora di Napoleone che il ragazzo accetta con entusiasmo convinto di poter portare a termine il suo progetto. Tuttavia, l'impresa si rivela più complicata del previsto...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Un tirannicida fallito e sfigato, un Napoleone da commedia all’italiana o meglio alla Magni, con qualche punta di malinconia, una baronessa della piccola nobiltà, che per essere la Monica nazionale attira comunque curiosità; e ammirazione, tanti bozzetti e personaggi della provincia ottocentesca per certi versi simile all’odierna, tanto per confermare che i vizi e i tic degli italiani non cambiano di molto.
Quello che muta di certo è l’idioma: siamo sempre in Italia centrale, ma non è il romano a tenere banco (Caterina va in città, Ovosodo, Ferie d’agosto), bensì uno scoppiettante toscano, parlato benissimo, grazie al regista, anche da Valerio Mastrandrea, mentre la Bellucci si cimenta in un civettuolo e sguaiato impasto tra castellano e umbro. Molto sullo sfondo il libro di Ernesto Ferrero, N, cui l’opera si ispira liberamente nello spirito e nella sostanza. Tanto che in fin dei conti, il personaggio di Bonaparte non è centrale e l’indagine storica si ferma alla simbologia del potere, anche se ridotto a imperare su una piccola corte approssimativa e un po’ scalcagnata, alla quale fa ala, con la sua fastidiosa piaggeria, la borghesia e la vanitosa nobiltà del luogo. L’epica e le imprese del sovrano sono un ricordo attuale solo nello sdegno di alcuni giacobini dell’isola, tra cui il nostro fallimentare Martino (Elio Germano), che invece di cogliere l’occasione per eliminare il sovrano (è stato assunto come suo scrivano personale), sta per cedere al fascino dell’uomo che col suo narcisismo conquista il giovane sognatore. Quando con l’esecuzione del vecchio maestro il ragazzo si renderà conto che la logica violenta di chi comanda non cambia, la sua grande occasione di passare alla storia come tirannicida sarà svanita... Tuttavia i personaggi più convincenti e francamente divertenti sono quelli minori, caratteristici ma non ridotti a tipo, e con quella naturalezza di recitazione che Virzì sa curare nei suoi attori, siano essi star o personaggi di secondo piano. Così si gustano con sorrisi senza rimorsi le scenette tra un Massimo Ceccherini, veramente bravo, e Sabrina Impacciatore, una specie di bisbetica da domare in versione nostrana, così come delizioso è il quadretto dei cacciatori locali una volta tanto persi non dietro il cinghiale ma dietro l’imperatore. Accattivante anche la Monica Bellucci, che si prende in giro con garbo e sembra uscire, anche se non del tutto, dalla sua legnosità interpretativa. Il divertirsi nei panni della nobilotta di provincia, un po’ puttana un po’ materna un po’ bambinesca, si comunica felicemente allo spettatore, non solo maschio!
Quindi un Napoleone che è soprattutto un pretesto grande per indagare ancora una volta sul piccolo provincialismo inestinguibile di un’Italia fatta di tanti campanili, tanti dialetti e poche metropoli. In essa l’unica vera novità è forse l’arrivo di tanta gente di vario colore, civiltà e idiomi: potrebbe essere il prossimo oggetto di un nuovo castigat ridendo mores ad opera di Paolo Virzì. Olga di Comite
VOTO:

   
 
 
   
 

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