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RECENSIONE FILM NOI DUE SCONOSCIUTI THINGS WE LOST IN THE FIRE

NOI DUE SCONOSCIUTICRITICA a cura di Olga di Comite: E’ il primo film hollywoodiano della regista danese Susanne Bier, fattasi conoscere da noi con 'Non desiderare la donna d’altri' e 'Dopo il matrimonio', candidato all’Oscar lo scorso anno come film straniero: Noi due sconosciuti è infatti anche la sua prima opera in lingua inglese.

C’erano quindi le pre condizioni per allontanarsi dalla lezione di stile ereditata da 'Dogma', ma ciò non è avvenuto. I temi sono rimasti gli stessi: l’elaborazione del lutto, le storie a tre segnate da eventi inaspettati o tragici, l’indagine psicologica dei sentimenti e del dolore.
Anche nel linguaggio, l’eredità della scuola danese permane: macchina a spalla, che segue da vicinissimo gli attori, inquadrature di particolari simbolici o significativi (una contrazione del sopracciglio, la tazza di tè fumante, ecc.), il montaggio spezzato.
Forse l’ambiente americano o forse il mantenersi troppo fedele a uno schema che ha qualcosa di meccanico nell’iterazione, porta la regia ad eccedere nel melò, indebolendo anche l’interpretazione di Benicio Del Toro, che dà un ritratto della tossicodipendenza abbastanza scontato.

Ho trovato invece convincente Halle Berry e i due piccoli attori nel ruolo dei figli, nonché i personaggi minori. Del resto si sa che i più piccoli sono maestri nell’indurci alla tenerezza, quando il contesto spinge alla commozione. A proposito di questa, la scena del pianto liberatorio della protagonista, in cui si sciolgono i nodi della sofferenza e nasce una nuova consapevolezza, è indubbiamente forte ed emotivamente riuscita. Dopo quello sfogo, la donna sarà pronta ad “accettare quello che c’è di buono”, vivendo un giorno alla volta, sicura che la felicità non sarà più la stessa, ma che almeno una nuova serenità è possibile nel ricordo di chi non c’è più. Una morale della storia dolce e dura insieme.

Il racconto parte da una perdita traumatica. La vita di Audrey (Halle Berry) viene segnata dalla morte del marito (David Duchovny), ucciso da un colpo di pistola mentre tenta di difendere una donna dalla furia del marito. A subire la perdita è anche Jerry (Benicio del Toro), un ex avvocato scivolato nella tossicodipendenza, che ha come unico amico e punto di riferimento l’ucciso. Prima dell’evento, la donna era gelosa dell’affetto che il marito destinava a quello che lei considerava un fallito, ma sarà la tragedia ad avvicinare i due. Audrey ospita Jerry a casa sua per aiutarlo e ben presto i due bambini vedono in lui una specie di sostituto della figura paterna.

Ma le cose non sono così lineari, perché il dolore segue strade tortuose dentro di noi. Questa in sintesi la trama di un film che non è un capolavoro, ma, al di là di qualche scivolata retorica, ha una sua semplice grazia, sottolineata dalla bella musica di Zappa. Olga di Comite
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