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FIND ME GUILTY

FIND ME GUILTYANNO: U.S.A. 2006

GENERE: Drammatico

REGIA: Sidney Lumet

CAST: Vin Diesel, Peter Dinklage, Annabella Sciorra, Richard Portnow, Linus Roache, Ron Silver, Alex Rocco, Aleksa Palladino, James Biberi, Paul Borghese (II), Domenick Lombardozzi, Ben Lipitz.

DURATA: 125 '

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TRAMA: La vera storia di Giacomo detto "Jackie Dee" Di Norscio (Vin Diesel), membro del Clan dei Lucchese, che operava nel New Jersey. Dopo anni di indagini federali, venti componenti della famiglia Lucchese compaiono in tribunale per rispondere a 76 diversi capi d'imputazione. A metà di una condanna a trent'anni di reclusione, a Jackie viene offerta l'opportunità di abbreviare la detenzione a patto che testimoni contro molti dei suoi amici più cari. Disgustato dalla burocrazia del sistema giudiziario, e fermamente deciso a non tradire la sua "famiglia", Jackie affronta il processo nella duplice veste di imputato e avvocato difensore. Durato 21 mesi e svoltosi tra il 1987 e il 1988, quello del clan Lucchese è stato il processo penale più lungo della storia americana. 20 imputati, 20 avvocati difensori, 8 giurati sostitutivi, arringhe della difesa insolitamente lunghe e un verdetto tra i più scioccanti della storia giudiziaria americana...
C
RITICA a cura di Olga di Comite: C’è un procuratore distrettuale algido e nevrotico, c’è un gangster italo americano cialtrone, simpatico e barzellettaro, c’è una giuria democratica e popolare che manda assolto il suddetto, c’è un padrino antipaticissimo e i suoi scherani più o meno coloriti, implicati in massa in quello che fu il processo più lungo d’America. Si trattò di ventidue mesi, tra il 1987 e l’88, che videro imputati venti picciotti del potente Clan dei Lucchese, con settantasei capi d’accusa, e a loro difesa uno stuolo di avvocati. E’ questo il soggetto dell’ultima opera dell’ottuagenario Sidney Lumet, specialista in tematiche processuali sin da "La Parola ai giurati" del lontano 1957 fino a "Il Verdetto", 1983, e a "Per legittima accusa", 1996, ma anche autore impegnato in "L’Uomo del banco dei pegni", con un indimenticabile Rod Steiger, "La Collina del disonore", che consacrò il passaggio di Sean Connery dal ruolo di 007 al genere drammatico, "Quinto Potere" e tanti altri. Ma diciamo subito che quest’ultimo film non rientra a pieno titolo in tale curriculum. Scontate molte caratterizzazioni, noiose alcune parti della sceneggiatura, già visto il grosso del meccanismo processuale, spesso eccessivo l’istrioneggiare del protagonista Vin Diesel nei panni di Jack Di Norscio. Meno scontata invece la modalità dell’autodifesa del gangster e il ruolo della giuria, sul quale ci si interroga da un po’, e non solo a livello di cinematografia. A me sembra infatti che il senso del film, altrimenti molto ambiguo (un delinquente spacciatore e truffatore va assolto perla sua simpatia!) ponga invece un problema serio. E’ proprio vero che il meglio del fare giustizia negli Usa sia l’affidare il verdetto a una giuria composta di gente, sì, selezionata e valutata da difesa e accusa, ma pur sempre gente comune? Essa è spesso digiuna di diritto, molte volte si trova ad essere interprete dei luoghi comuni più pericolosi, nonché facile preda di chi sa far passare, con la scusa della brillantezza, le peggiori intenzioni ed azioni. Forse una giuria popolare, a cui si affianchi nell’emettere la sentenza una commissione di esperti, sarebbe più attendibile, fermo restando la fallibilità della giustizia umana. Del resto è anche ora di smettere di pensare al popolo (gente o moltitudine si chiama oggi) come un’entità astratta da mitizzare ed esaltare o da disprezzare ed opprimere; né è sempre vero che l’aggiunta dell’aggettivo popolare a qualsiasi realtà ne aumenti valore e credibilità.
Indurre a porsi delle domande è comunque già un risultato per un film, anche se non dei migliori, di un regista di classe come Lumet. Della trama c’è poco da dire, perché la storia è il processo con i suoi attori e comprimari. I valori sono quelli umani, ma declinati in stile da manuale mafioso: l’amicizia, la famiglia, la fedeltà,la sincerità. Le fonti sono autentiche: gli atti del processone. Dell’attore protagonista dimenticavo di dire che finora è stato noto per una serie di film d’azione; con questa interpretazione sembrerebbe pronto per un salto di qualità definitivo. Olga di Comite
VOTO:

   
 
 
   
 

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