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RECENSIONE FILM SECRETARY

SecretaryANNO: U.S.A. 2002

GENERE: Drammatico

REGIA: Steven Shainberg

CAST: James Spader, Maggie Gyllenhaal, Jeremy Davies, Lesley Ann Warren, Patrick Bauchau.

DURATA: 104 '

TRAMA: Vincitore del Premio Speciale della Giuria al Sundance Festival 2002, Secretary narra la storia di Lee Holloway (Maggie Gyllenhaal), donna autolesionista appena dimessa da un'ospedale psichiatrico, in cerca di se stessa e di un lavoro. Viene assunta presso uno studio legale e inizia una morbosa relazione, ai limiti del sado-maso, con il suo capo, Mr Grey (James Spader). In questo rapporto troverà la serenità e l'amore...

GIUDIZIO E INTERPRETAZIONE SIMBOLICA a cura di Maria: Secretary - interessante la "non traduzione" che consente una "non definizione" del genere maschile o femminile che propriamente significa "colui cui si confidano cose segrete, riservate". I temi trattati, che si intrecciano e sovrappongono traendo anche in inganno, sono molteplici: ruolo sociale e identità personale, normalità e diversità, maschile e femminile, ragione e istinto, dominio e sottomissione, la ricerca del sublime. I luoghi comuni, anche quando presenti, sono di fatto banditi: la storia, di una freschezza provocatoria, sembra quasi pretesto per introdurli - senza contraddittorio - lasciando lo spettatore libero di decidere se rifletterci sopra o meno. E questo già dalla scena iniziale che mostra una Lee soggiogata (legata al giogo come animale da soma), che si adopera diligentemente ad esaudire in contemporanea ogni richiesta implicita nel suo ruolo. Tuttavia la figura è sciolta nei movimenti, serena, armonica nell’abbigliamento ed eretta. Nulla a che fare con la figura indefinita e ripiegata in se (Lee appena uscita dalla clinica). Ecco due possibili letture. La capacità di muoversi con padronanza al di là delle limitazioni se non ce ne si lascia intrappolare. Una persona non è classificabile per il ruolo che svolge ma per come lo svolge. La storia racconta dell’incontro fra Lee, una ragazza insicura e timida, e Grey, un brillante (a giudicare dal suo stile di vita) avvocato deciso e...timido ("Tu non sei timido, sei un avvocato"). Se si identifica ruolo sociale con identità personale l’inganno trova via libera. Infatti Lee non è timida (quando si esprime è diretta e piuttosto esplicita, come per il discorso sulle mutande a Peter in pubblico), bensì impacciata per la non esperienza a muoversi nel mondo esterno. Mentre la sicurezza imperativa di Grey deriva da una reattività accentuata agli stimoli interiori che non sa gestire (che lo rendono timido, cioè timoroso dei sentimenti). Dunque questo incontro è il viaggio di uno nella zona d’esperienza dell’altro, nel suo segreto, attraverso cui diventa possibile sperimentare la propria globalità. Lee personifica l’inconscio e le emozioni, in balia delle quali è (il non contatto sociale, i vari tic), che Grey respinge perché lo mettono in agitazione e si oppongono al suo ideale di perfezione (l’armonia del suo giardino). Per lei, Grey diventa la figura di riferimento (che i genitori non sono stati) che insegna a crescere nel mondo oggettivo. Lui è la ragione che ossessivamente tenta di dominare impulsi ed emozioni. "Impura" poiché mostra ciò che non è, nascondendo la parte di se che sente disgustosa (la lettera di scusa). In lei scopre la spontaneità e la possibilità di coesistere con il proprio segreto. Si tratta dunque dell’educazione del femminile (emozioni e sentimenti) e del maschile (autonomia e desiderio). In Lee lo slancio verso il maschile-autonomia (il rapporto col padre ubriaco) non riesce a procedere, è costantemente interrotto. Affiora dall’inconscio (i vari tentativi di mettersi in contatto col padre) ma resta inerte (galleggia nella piscina a faccia in giù o con il viso immerso per tre quarti nell’acqua). L’acqua, (come il blu, colore privilegiato inizialmente nell’abbigliamento), è anche ricerca di pace, un modo per placare l’intensità del dolore, per annullarlo. Ma la capacità di sentire, anche se menomata, viene "tenuta in esercizio" dall’autolesionismo, che tuttavia non è distruttivo. Infatti nel momento in cui diventa pericoloso Lee decide di sbarazzarsene (il tentativo di buttare via gli strumenti di "tortura"). E’ una mossa titubante ma decisa: trova una via d’uscita alternativa (le inserzioni di lavoro) dal proprio malessere attraverso l’emancipazione (=prendere in mano la propria vita) da ciò da cui si origina. Che la sua non sia solo una personalità passiva viene evidenziato dalla prima inserzione che cattura la sua attenzione (diventa una leader), che viene poi affascinata dalla parola che sottintende un mistero (il modo in cui la pronuncia), che prenderà man mano corpo. Il segreto per Lee è un modo di proteggere la propria debolezza, che accetta e soddisfa, dagli altri per i quali è incomprensibile e inaccettabile (la madre che chiude a chiavi i coltelli, senza tuttavia affrontare la questione per comprenderla). Per Grey, che si vergogna della propria e cerca di inibirla, è potere che mette a nudo la parte in ombra e, dunque, rende vulnerabili. Grey tiene sotto controllo le sue pulsioni, con estenuanti esercizi fisici. Dà la caccia agli istinti oscuri che sa, amano gli angoli nascosti, "considerando ogni possibilità" (la caccia al topo, peraltro bianco, colore della purezza e dell’indistinto). E’ esperto in questo (sistema lui la trappola, cosa che Lee non sa fare). Per buttarli fuori da sé (li libera fuori dalla casa/se). Egli è severo ed esigente con gli altri quanto lo è con se stesso. Il dominare è indirizzato alla parte, di se o dell’altro, che ritiene di dover purificare, perfezionare. Ma quando sfugge al suo controllo e non riesce a resistere, coinvolgendo l’altro che viene così a conoscenza del suo segreto e ne diventa partecipe (dunque acquista potere su lui), egli la mortifica (le parole veramente cattive quando licenzia Lee). Il colloquio di assunzione e licenziamento (un tornare a prima dell’inizio/assunzione per annullarlo completamente, come non fosse esistito, a rivelare che non è intervenuto alcun cambiamento in lui) è uno stereotipo professionale-sociale a cui Grey si attiene per ancorarsi alla normalità, rientrare in se, frapporre la forma fra se e l’altro per non abusarne (un uso inverso alla consuetudine). Come dimostra il buttar via, in tali occasioni, tutte le penne rosse (strumento-simbolo della sua "perversione"), che tiene "nascoste" nel cassetto. L’apprendimento è reciproco e passa attraverso lo stupore (entrambi si osservano, si spiano, si sorprendono). Lee è decisamente fuori dal comune (il vestito, al matrimonio della sorella, che si distingue da tutti gli altri abiti femminili in chiare tonalità pastello). E’ ciò che mostra, quindi "pura", anche se da “sgrezzare” dai numerosi tic e gesti meccanici attraverso cui il suo inconscio lancia "maleducati" segnali verso l’esterno per comunicare. Lo incuriosisce, anche con il rituale attento e metodico (qualità maschili), che mette in atto per tenere "desti" i sentimenti nonostante tutto. Grey si pone come confidente, come guida : l’addestra al controllo della propria debolezza, incoraggiandola a essere autonoma, dichiarando le qualità-capacità che ha e inducendola a utilizzarle, lodandola. Con questo diventa un valido sostituto dei riferimenti (madre e padre) che non ha avuto. Lee scopre che il suo segreto può essere accettato e compreso, che la sofferenza può essere stimolo a migliorare (illuminazione del volto dopo la sculacciata). Avendo avuto un maschile assente (il padre ubriaco) gliene serve uno presente, severo ma costruttivo. La dominanza di Grey è un prendere le distanze dal (sentire il) desiderio che è carnale, di cui le natiche sono il simbolo. Per questo le percuote. Ma uno dei primi gesti che fa, nell’incontro con Lee, è aprirsi (attitudine femminile), mettersi a nudo - seppure inconsciamente - mostrando la propria interiorità con le sue esigenze (accende la luce nel suo prezioso giardino di fiori rari che nutre con attenzione). Entrambi sanno chi sono e vogliono perfezionarsi. Grey insegna la "forma" a Lee e, contemporaneamente, impara la "essenzialità dei bisogni" (Lee che, pur sotto controllo in attesa del di lui ritorno, si permette tranquillamente di urinare). Il rapporto si arena perché diventa ripetitivo e sembra non avere possibilità di evoluzione. Lee non ha ancora raggiunto una completa autonomia (il maschile/padre si fa ricoverare e lei sente bisogno del sostituto/rapporto con Grey), ma non osa chiedere ciò di cui ha bisogno. La relazione sembra normalizzarsi nei rispettivi ruoli professionali. Ma a Lee (e non solo a lei visto che Grey di nascosto continua a spiarla) manca qualcosa e la vuole. Diventa provocatoria. In un certo senso i ruoli si invertono. La tortura che Lee porta avanti nei confronti di Grey è esattamente sulla di lui debolezza: la fascinazione dell’oscuro (il verme) che, vissuto come imperfetto, Grey rifiuta con il licenziamento, nella paura e difesa della propria vulnerabilità. Ma ormai la trasformazione è stata avviata. Il bisogno è diventato desiderio di conoscenza (Lee sperimenta per scelta la propria "anomalia", quindi tenta di adattarsi alla “normalità” con il matrimonio con Peter, adatto a lei perché come lei "diverso"), che mette in pratica per comprendere ciò che vuole (assiste il "padre nel suo nuovo stato di uomo sobrio"). Fino a che le diventa chiaro e può dichiararlo. Non è più il bisogno a muoverla. Con questo essa non usa più la debolezza di Grey, ma la accetta come parte integrante di lui che può anche amare. L’ultima "prova" è la dimostrazione della propria emancipazione da qualsiasi schema. Il confronto è a largo raggio. E viene portato avanti con la stessa determinazione e chiarezza di Grey (introiezione del maschile), anche se in senso inverso (mentre lui si oppone al desiderio, lei va verso). Rifiuta il mettere su casa come scontata scelta di normalità (il matrimonio con Peter), l’essere accudita cioè la dipendenza (il cibo che la madre le porta), le norme, le convenzioni, le reazioni, il dogmatismo (i discorsi della praticante e dei vari personaggi). L’ultimo confronto è con la propria libertà di essere (il padre/maschile risanato sostiene). E’ in equilibrio (come già anticipava la scena iniziale): passiva e attiva (obbedisce all'ordine di Grey per manifestare ciò che vuole). Ora che ha conosciuto il proprio maschile, ed è quindi diventata totale, vuole mostrarsi integralmente e conoscere la globalità di Grey. Accettando Lee e il suo amore egli ammette i propri i sentimenti (il lato femminile), li nutre e se ne prende cura (le porta da bere e la prende in braccio). Rispondendo all’ultima domanda che lei gli pone e che le racchiude tutte, "dove è nato" (che simbolicamente è l’inizio) Grey dimostra di esserle pari. La conclusione potrebbe sembrare un banale lieto fine se non fosse per lo scarafaggio, deposto sul letto sistemato con un certo perfezionismo (accettazione della personalità dell’altro), a significare che l’oscuro, e quindi l’equilibrio, non è mai conquistato definitivamente. Maria

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