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RECENSIONE FILM AFFETTI & DISPETTI LA NANA

AFFETTI & DISPETTI LA NANACRITICA a cura di Roberto Matteucci: Una ricca famiglia cilena, vive in una grande e stupenda casa con piscina. Marito e moglie e tre figli: due adolescenti ed uno più piccolo. Da oltre venti anni hanno una domestica: Raquel. Lei si è sempre presa cura della casa e dei figli, praticamente allevandoli al posto dei genitori sempre impegnati al lavoro. Raquel è ben voluta dalla famiglia e soprattutto i ragazzi le sono molto affezionati. Per dedicarsi a loro Raquel non si è costruita una propria vita. Non ha un fidanzato, non ha amici, è molto distante dalla sua famiglia. E’ disadattata. L’unica sua ragione di vita è una casa ed una famiglia non sue.

Una tale passività può creare solo delle disfunzioni mentali e psicologiche. La vita di Rachel finisce per diventare maniacale, con atteggiamenti di follia immaginabili. L’esaurimento è forte. Non dorme, ha dei fortissimi mal di testa, fa un uso spropositato di pillole contro il dolore. Eppure lei non riesce a comprendere le motivazioni di tanta ansia. Neppure la famiglia dove è serva da venti anni riesce a comprenderla.

L’instabilità si trasforma in profonda gelosia maniacale quando le si vuole affiancare una aiutante per le faccende domestiche. La giovane peruviana Mercedes, la vecchia e scorbutica Sonia saranno spazzate via dallo sconsiderato comportamento squilibrato di Rachel. La casa si trasforma in un campo di battaglia utilizzato per sconfiggere il nemico e rimanere unico possessore del proprio territorio. Rachel è imbattibile, non può avere rivali nel suo atteggiamento morboso.

In rotta le prime due aiutanti, sarà il turno di Lucy. Lucy è una ragazza molto legata alla sua famiglia. La sua condotta è tranquilla e serena, ma pure sbarazzina. Ha dei comportamenti di distacco dal suo lavoro: non ci vuole passare la vita in quella casa. In questo modo conquista Rachel, fino a diventare sua amica. Rachel non ha modelli di vita. Lucy gli entrerà nel cuore fino a voler assomigliare a lei.

Una storia molto bella. Il personaggio di Rachel è unico. Non ha responsabilità per essere stata sempre in quella abitazione. Però è proprio quella casa ad aver soppresso, annientato ogni sua voglia e speranza di vivere. Non è una semplice alienazione al lavoro; è qualcosa di molto più grande. Una lettura dello sfruttamento di una “serva” sarebbe incompleta. C’è qualcosa di molto più estraniante nella storia. E’ il perdere la propria dignità, la propria vita, il proprio futuro. Rachel non ha nulla, lei pensa di avere molto, ma tutto gli appartiene di riflesso, nulla è suo.

C’è una colpa dei "padroni" ma soprattutto c’è una sua colpa. Il linguaggio è costruito per dare una colpa a Rachel. Una colpa grave. I suoi primi piani sono apatici. Le riprese dentro la doccia con il suo corpo flaccido costituiscono prova della sua accidia psicologica. Solo nella corsa finale, la macchina persevera su di lei, come se corresse verso una ignota libertà.

Tutto è costruito con suspense. Ci aspettiamo la pazzia di Rachel sfociare in qualche atto drammatico. Ogni sequenza parte piano per subire una accelerazione nell’attesa del gesto folle. Si aumenta la velocità, siamo vicini alla azione paranoica e poi tutto, repentinamente, si ferma di fronte ad una inezia, producendoci un effetto contrario: quello di sorridere. E poi si ricomincia con un’altra sequenza di questo dissennato disegno. Queste montagne russe ci scombussolano ancor di più. Rachel ci turba. Ci diverte. Ci commuove e alla fine la amiamo. Catalina Saavedra è una eccezionale Rachel. Roberto Matteucci
VOTO:

 

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