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RECENSIONE FILM ANCHE LIBERO VA BENE

ANCHE LIBERO VA BENEANNO: Italia 2006

GENERE: Commedia

REGIA: Kim Rossi Stuart

CAST: Kim Rossi Stuart, Barbora Bobulova, Alessandro Morace, Marta Nobili, Tommaso Ragno.

DURATA: 108 '

TRAMA: Tommy (Alessandro Morace), un ragazzino di undici anni, vive con il padre Renato (Kim Rossi Stuart) e la sorella Viola (Marta Nobili), la quale non perde occasione per fargli scherzi e dispetti, ma che rappresenta un solido legame affettivo sia per lui che per il padre. Renato sembra prendere la vita, la società e i rapporti in generale come un campo di gara dal quale uscire vincitore e non perde occasione per tentare di forgiare Tommy, alternando momenti di durezza ad altri di dolcezza. Nonostante alcune difficoltà i tre vivono con intesa, ritagliandosi momenti di divertimento e serenità. Il ritorno improvviso di Stefania (Barbora Bobulova), la madre, che scopriamo avere più volte aver lasciato la famiglia scomparendo nel nulla, smuove sentimenti forti e fa saltare gli equilibri. Tommi, che ha sedimentato una forte diffidenza nei suoi confronti, le resiste, mentre, contemporaneamente, l’immagine mitica del padre si sgretola davanti ai suoi occhi, tramutandosi in quella di un uomo, con le sue fragilità...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Fioriscono, non a caso, in questo periodo opere che hanno al centro i bambini o i preadolescenti. Quasi che un mondo avviato al prolungamento della vita nei paesi più ricchi e alla lotta per la sopravvivenza in quelli più poveri, senta il bisogno urgente di guardare più a fondo a da vicino le condizioni di vita e d’anima di quelli che saranno gli adulti domani. Lo fa in maniera diversa. Abbiamo opere di singoli autori (questa di Rossi Stuart, "La Guerra di Mario", ultima di Antonio Capuana, "Il Caimano", ultima di Moretti) o opere corali (vedi "All the invisibile children", film a più voci di grandi registi su sette storie d’infanzia negata nel mondo). Lo sguardo degli autori assume di volta in volta un taglio sociologico e attento alla psicologia oppure un taglio di documentaristico, ma non per questo meno emozionante. A proposito di Anche libero va bene, opera prima di un attore versatile, dedito al teatro fin da giovanissimo, con incursioni nel mondo della tv, diciamo subito che è un film senza retorica o patetismi, pur muovendosi su un terreno che è una trappola infernale al riguardo. Il retroterra del neo-autore è ricco di riferimenti a capolavori del genere, a cominciare da "I Bambini ci guardano" di De Sica fino al Truffaut de"I 400 Colpi" e alla filmografia di Amelio, tutti prodotti in cui i piccoli protagonisti crescono in fretta rispetto agli altri e coltivano sogni o segreti per sopravvivere. Tuttavia l’autore ha un’aliquota di originalità che ascriverei a una sensibilità particolare nei confronti di certi argomenti. Essa già si intuiva quando, come attore, interpretò uno dei primi film, "Senza pelle", dove il personaggio principale è un giovane difficile e disturbato che a poco a poco si apre all’amore. Ora tale caratteristica si conferma nel regista, poiché il film sembra nascere da una sua necessità personale, pur non essendo autobiografico. Si direbbe che Rossi Stuart ha saputo sdoppiarsi con efficacia nel ruolo del padre che interpreta e nel punto di vista del figlio Tommy: guarda ed è guardato, per tornare al ricordo di De Sica. Detto questo, aggiungiamo che non c’è da gridare al capolavoro; il racconto ha anche momenti piatti e monotoni, personaggi irrealistici (vedi la perfetta famigliola dell’amico di Tommy o una figura di insegnante a mezzo tra la strega delle favole e una creatura di divina indifferenza), momenti di già visto, sentito o letto, e perciò prevedibilissimi. Manca cioè l’accensione della fantasia e dell’emozione, che dia il colpo d’ala a una narrazione altrimenti scontata. In compenso c’è una capacità di delineare anche nelle sfumature un carattere, nonché quell’urgenza severa di indagare con guardo dolente la realtà senza colorirla eccessivamente, che è la cifra personale del lavoro.
Il racconto si svolge in una Roma poco connotata e coinvolge un giovane padre di due ragazzi, Tommy, più piccolo, e Viola, più grandicella, che egli ha cresciuto da solo o che meglio sarebbe dire, crescono soli. Per problemi di lavoro, per i reiterati abbandoni da parte di una moglie bella, fragile e inaffidabile, per il suo carattere incline alla rabbia e alla nevrosi di macho represso, pur avendo momenti dolcissimi adolescenziali, il padre scarica sui figli e su Tommy in particolare, fallimenti, ansie e ossessioni. D’altra parte anche la madre che ritorna, per poi sparire di nuovo, non contribuisce ad aiutarli nel loro farsi adulti. Sembra quasi che sia il bambino il più maturo, con uno sguardo fermo e fondo sulla realtà, rispetto ai genitori diversamente non cresciuti. Il suo smarrimento incontra altri personaggi minori, ma è il rapporto col padre il perno di una narrazione povera di eventi. Del resto lo sguardo di Alessandro Morace basta da solo a ricordare agli adulti preda di pulsioni umanissime ma egoistiche, che genitori non si nasce ma si diventa con fatica, coraggio, autoironia e disponibilità all’altro. Olga di Comite
VOTO:

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