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RECENSIONE FILM BROKEBACK MOUNTAIN

BROKEBACK MOUNTAIN BROKEBACK MOUNTAIN ANNO: U.S.A. 2005

GENERE: Drammatico

REGIA: Ang Lee

CAST: Jake Gyllenhaal (Jack Twist), Heath Ledger (Ennis Del Mar), Michelle Williams (Alma Beers Del Mar), Anne Hathaway (Lureen Twist), Randy Quaid (Joe Aguirre), Anna Faris (Lashawn), Linda Cardellini (Cassie Cartwright), Scott Michael Campbell (Monroe), Kate Mara (Alma Del Mar Jr.), Cheyenne Hill (Alma Del Mar Jr. a 13 Anni), Brooklynn Proulx (Jenny Del Mar a 4 anni), Tom Carey (Jimbo Il Clown Del Rodeo), Graham Beckel (L.d. Newsome), Steven Cree Molison (Ciclista), Steve Eichler (Chitarrista), David Harbour (Randall), Mary Liboiron (Fayette Newsome), Roberta Maxwell (Madre Di Jack), Mary McBride (Cantante), Hannah Stewart (Alma Del Mar Jr. a 3 Anni).

DURATA: 134 '

TRAMA: Nell'estate del 1963, a Signal, nel Wyoming, Ennis (Heath Ledger) e Jack (Jake Gyllenhaal), due giovani mandriani, si incontrano mentre aspettano di trovare un ingaggio per i pascoli estivi. Joe Aguirre (Randy Quaid), il proprietario di un ranch li assume e li invia come mandriani di pecore ai piedi della Brokeback Mountain. Tra i due, soli per tutta l'estate, nasce un rapporto molto intenso, fatto di sincerità e cameratismo, al quale non è estraneo il sesso. Quando al termine della stagione devono separarsi, Ennis decide di rimanere nel Wyoming e sposare la fidanzata Alma (Michelle Williams); invece Jack parte per il Texas dove conosce Lureen (Anne Hathaway), la regina del rodeo, se ne innamora e la sposa. Quattro anni dopo arriva a casa di Ennis una cartollina di Jack: è in viaggio per andare a trovare l'amico di un tempo. Un solo attimo è sufficiente per comprendere che la loro amicizia è destinata a durare e a trasformarsi in un legame dal quale per vent'anni non riusciranno a sottrarsi...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Una volta tanto non mi sento delusa rispetto alle aspettative quando, a fine proiezione, lascio le splendide acque e montagne dello Wyoming, per tuffarmi nell’inesauribile ondata che invade le multisale alla domenica. Mi aspettavo un’opera un po’ romantica, un po’ melò, un po’ di costume su uno sfondo naturale d’eccezione e questo ho visto sullo schermo. Non un capolavoro, qualche caduta nel drammone amoroso, qualche scena da evitare (le ultime sequenze), perché il come e quando si chiude è fondamentale, qualche caduta di tono nel dialogo, un eccesso sentimentale. Non era invece nelle previsioni la convincente prova dei giovani protagonisti (Jake Gyllenhaal nel ruolo di Jack e Heath Ledger in quello di Ennis), che col corpo, i gesti, la camminata e l’espressività complessiva hanno saputo rendere la diversa psicologia dei due cow-boy. Anche nel racconto lungo di Annie Proulx, cui Ang Lee si è rifatto, uno è introverso, chiuso, riservatissimo e attento al giudizio altrui, quello che tiene tutto dentro, molto duro anche con se stesso. L’altro è estroverso, solare, semplice e vive con minore disagio la propria ambiguità, illudendosi sulla possibilità di consolidare un legame divenuto nel corso degli anni amore profondissimo, al di là delle prestazioni sessuali. Fino alla fine, pur non potendo fare a meno del rapporto che li unisce e si materializza in piccole fughe sulla loro montagna con la scusa della pesca, tra i protagonisti si svolge questa dialettica. Nel tempo essa diverrà insostenibile, rarefacendo ancor più gli incontri fino all’epilogo da lacrime.
Insieme alla bravura dei due, è l’elemento montagna a giocare un ruolo molto importante, sia per i protagonisti sia per il pubblico. Galeotta nel disvelare le profonde pulsioni dei due guardiani del gregge e anche affascinante per quello che dà agli spettatori: inquadrature di acque calme o impetuose, comunque limpide, di alberi verdissimi, di vette eleganti e possenti, di pascoli ampi e silenti. La fotografia spazialmente insolita riesce a far condividere a chi sta in sala il balsamo del silenzio e della bellezza. Peccato che a quei luoghi intatti si contrapponga la durezza della vita nel West negli anni ’60; tutto è macho, omofono, competitivo, squallido, innaffiato da tristi bevute in bar frequentati da un’umanità povera di anima e spesso di mezzi. Infine sottolineerei nel racconto la dimensione sociologica che va oltre la love story e riscatta la scelta un po’ alla moda ispirata al rapporto gay, pur se calato in ambiente particolare di contrasto. Mi riferisco al fatto che i due personaggi sono, per fortuna nostra, lontani dagli stereotipi dello spettacolo televisivo. I nostri giovanotti hanno i problemi di tutti, fra cui anche quello di sbarcare il lunario, non vivono tra camicie di Versace, lustrini e ricchezze che proteggano la loro scelta, non sentono il bisogno di fare coming-out con i telespettatori.
Per concludere due parole su Ang Lee. La sua personalità di cinese integrato in America, che non dimentica le radici, è uno di quei casi in cui lo straniero, pur perfettamente inserito nel diverso contesto, non rinuncia per questo ad esplorarlo e a contaminarlo con incursioni nella cultura di origine ("Il Banchetto di nozze", "La Tigre e il dragone") e lo fa con un modo di raccontare disteso e raffinato, comunque accessibile a tutti. Olga di Comite
VOTO:

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