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RECENSIONE FILM COSA VOGLIO DI PIU'

COSA VOGLIO DI PIU'CRITICA a cura di Olga di Comite: Anche questa volta Soldini sceglie di ritrarre con la sensibilità che gli appartiene uno squarcio di realtà, lasciando da parte i toni surreali e fantasiosi, un po’ spiazzanti ma personalissimi, delle opere meno recenti (una fra tutte "Pane e tulipani"). Qui invece siamo nel solco del penultimo lavoro, "Giorni e nuvole". Lì una coppia borghese innamorata e inserita vede il sentimento che la unisce frantumarsi poco a poco, corrompendosi in acre disillusione. Sulla loro vita è infatti piombato il dramma della disoccupazione con tutto quello che ne consegue.

In Cosa voglio di più, sullo sfondo di una Milano presente in forma indiretta, soprattutto come insieme di periferie da cui si distaccano ogni giorno grumi di umanità per andare a lavoro, convive una coppia con occupazioni modeste ma sicure e affetto condiviso. Lei (Alba Rohrwacher) vivace e disponibile, anche con la famiglia di origine; lui (Giuseppe Battiston) più orso di carattere ma classico bonaccione mani d’oro. I due pensano a mettere in cantiere un figlio, al sabato incontrano la coppia di vicini-amici per una sera in pizzeria o al pub, si suppone che facciano l’amore senza eccessivo trasporto. Insomma tutto all’insegna della normale vita piccolo borghese. Che cosa possono volere di più persone così?

Eppure quel qualcosa scompagina la loro esistenza. La donna conosce per caso durante un catering per l’ufficio un cameriere (Pierfrancesco Savino) e tra i due è attrazione fatale. Anche lui è in coppia e in più ci sono due figli. La passione cresce e s’impone con le modalità di chi non ha tempi e denaro: incontri al mercoledì in un motel più o meno squallido, rapporti sensualmente pieni ma ristretti in quell’ambito, perché occasioni tranquille per conoscersi, accettarsi, capirsi non ci sono. In lui crescono i sensi di colpa; lei, come quasi sempre avviene per le donne, vuole mettere le cose in chiaro con i rispettivi compagni di vita. Lui nicchia ed è tutto un prendersi e lasciarsi. Un week-end in Tunisia vedrà il chiarimento definitivo.

Il film è tutto qui. I contenuti sono decisamente scontati, anche se la macchina da presa nelle mani di un regista un po’ poeta, un po’ documentarista segue da presso, tallonandoli, i personaggi, inquadra efficacemente primi piani di volti e corpi affascinanti nelle scene erotiche (girate però col carrello e non con la camera a mano), dove i nudi si fondono con naturalezza ed esiti caldamente scultorei. I dialoghi sono rarefatti, perlopiù scambi di sms o al cellulare che squilla come sempre nei posti meno adatti e con tempi contingentati. Gli attori maschi bravini ma senza eccellere: Favino un po’ ottuso e fuori ruolo, Battiston incatenato a un personaggio poco realistico nella sua ingenua bontà (o voglia di non sapere?). Al di sopra degli altri convince Alba Rohrwacher che impersona per la prima volta una donna d’oggi del tutto normale nei suoi tic, debolezze ed aspirazioni e lo fa con grazia e misura, non priva di punte intense.

Ma il racconto non decolla; troppo ovvio il quadro della coppia fedifraga oppressa dalla mediocrità quotidiana, un po’ sfocato il fondale realistico su cui si intessono i fatti. Per essere davvero realistici bisognava mettere in gioco anche i sentimenti profondi e le reazioni degli altri protagonisti, delineati invece in modo convenzionale e frettoloso, come avviene nelle fiction televisive. Perciò, anche se non mancano brani di buona qualità cinematografica, nel complesso l’opera risulta scarsamente interessante. Olga di Comite
VOTO:

 

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