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RECENSIONE FILM CRASH CONTATTO FISICO CRASH

CRASHANNO: U.S.A. 2005

GENERE: Drammatico

REGIA: Paul Haggis

CAST: Don Cheadle (Detective Graham Waters), Matt Dillon (Agente Ryan), Brendan Fraser (Procuratore Distrettuale Rick Cabot), Sandra Bullock (Jean Cabot), Thandie Newton (Christine Thayer), Ryan Phillippe (Agente Tommy Hanson), Jennifer Esposito (Ria), William Fichtner (Jake Flanagan), Terrence Dashon Howard (Cameron Thayer), Ludacris (Anthony), Larenz Tate (Peter Waters), Karina Arroyave (Elizabeth), Dato Bakhtadze (Lucien), Art Chudabala (Ken Ho), Sean Cory (Poliziotto In Motocicletta), Tony Danza (Fred), Keith David (Tenente Dixon), Loretta Devine (Shaniqua Johnson), Ime N. Etuk (Georgie), Eddie Fernandez (Agente Gomez), Howard Fong (Proprietario Negozio), Billy Gallo (Agente Hill), Ken Garito (Bruce), Nona Gaye (Karen), Octavio Gomez (Passeggero Ispanico), James Haggis (Amico Di Lara), Sylva Kelegian (Infermiera Hodges), Daniel Dae Kim (Park), Bruce Kirby (Pop Ryan), Jayden Lund (Guardia Di Sicurezza), Jack McGee (Proprietario Negozio Di Armi), Amanda Moresco (Assistente), Martin Norseman (Conklin), Joe Ordaz (Autista Ispanico), Greg Joung Paik (Choi), Michael Pena (Daniel), Yomi Perry (Maria), Alexis Rhee (Kim Lee), Ashlyn Sanchez (Lara), Molly Schaffer (Donna Da Locksmith), Paul E. Short (Agente Stone), Marina Sirtis (Shereen), Bahar Soomekh (Dorri), Allan Steele (Paramedico), Kate Super (Receptionist), Beverly Todd (Madre Di Graham), Shaun Toub (Farhad), Kathleen York (Agente Johnson).

DURATA: 113 '

TRAMA: Diverse storie s'intrecciano nel corso di due giorni a Los Angeles che vedono coinvolti vari personaggi legati tra loro. Il detective di colore, Graham Waters (Don Cheadle), la cui madre si droga e il fratello ruba automobili mentre con il suo complice fa teorie su una società più giusta. Il procuratore distrettuale in carriera Rick Cabot (Brendan Fraser) con una moglie iraconda (Sandra Bullock). Il poliziotto Ryan (Matt Dillon) che si prende cura con affetto dell'anziano padre malato e intanto scandalizza il suo giovane compagno di lavoro Tommy Hanson (Ryan Phillippe) con il suo razzismo. Un regista nero di successo a Hollywood, Cameron Thayer (Terrence Dashon Howard), la cui moglie Christine (Thandie Newton) deve fare i conti con il poliziotto razzista. Un immigrato iraniano che compra una pistola per difendere il suo negozio. Un fabbro ispanico e la sua giovane figlia ed altro ancora...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Che cosa non è? Non è un film sul razzismo, non è un film su Los Angeles, non è un film buonista, non è un film manicheo. Che cosa è? Un’opera forte, coraggiosa e compassionevole, senza patetismi, sensibile alle umane frustrazioni, che fa capire, che commuove con la semplice dimostrazione che tutti siamo sulla stessa barca e che quell’imbarcazione naviga tra flutti difficili. In particolare in America dopo l’11 settembre. E’ una speciale forma di difesa della razza che viene esaminata: oltre agli steccati tradizionali, a Paul Haggis interessano la diffidenza e la lontananza che nascono dalla paura, inconscia e ancestrale, che ogni razza ha nel confronto delle altre. Quando i diversi si avvicinano fisicamente e lasciano i loro luoghi protetti o i loro ghetti, l’incontro genera uno scontro, il Crash appunto di due macchine in un incidente. L’automobile ha nel film una funzione simbolica; è la casa-su-ruote e ognuno vi si rifugia dentro per separarsi e non comunicare, sia che si tratti della volante del poliziotto, della monovolume di lusso o dello scassato furgoncino del fabbro. La stessa cosa avviene tra i diversi quartieri della città, quelli del melting pot e quelli riservati a bianchi o neri altolocati. Il conflitto del resto non tocca più i tradizionali antagonisti, ma si allarga a cerchi concentrici via via che la multietnicità aumenta. I bianchi contro i neri, i neri contro i sudamericani, i sudamericanicontro i medio-orientali, i medio-orientali contro i cinesi. Ognuno invidia e ha paura, ciascuno difende il suo recinto, la sua ricca dimora o la propria catapecchia, la propria attività, si tratti di un modesto negozietto o di un lavoro brillante in Tv. Ma dentro ogni situazione si nasconde una profonda solitudine, un’insoddisfazione legata a problemi e storie private, per cui nessuno è più buono o cattivo. Una lucida e dolorante comprensione del dolore umano richiede che si vada al di là delle apparenze, al di là di quel cancro, cocktail micidiale di paure e razzismi, che corrode i rapporti, li stravolge, li rende difficili anche quando ciò non avviene consapevolmente.
In quanto alla struttura, Crash ricalca con successo la circolarità di molta cinematografia americana ("America oggi" o "Nashville") e anche francese ("Il gusto degli altri") e il regista compone sapientemente l’incastro delle storie, che scorre senza intoppi. Il tutto si svolge in un giorno circa; il ritmo è agile, la sintassi senza fronzoli, i dialoghi serrati. Non per niente Paul Haggis, nuovo alla regia, è emerso per la sceneggiatura di "Million Dollar Baby". Ottima anche la prova di attori che ormai si muovono decisamente verso scelte non banali. Parlo di Matt Dillon, un indimenticabile poliziotto psicotico e razzista dai risvolti umani, di Sandra Bullock nella parte della elegante moglie del procuratore democratico e maneggione, sostanzialmente malata di solitudine con accensioni razziste ed isteriche, parlo di Don Cheadle, il detective di polizia corretto ma condizionato nei suoi affetti, che deve compromettersi per proteggere il fratello delinquente, figlio amatissimo della madre che ignora quello buono.
Come sempre, la realtà raccontata senza trombonate retoriche si rivela appassionante e lo stridere delle lamiere dei nostri conflitti non si dimentica facilmente. Olga di Comite
VOTO:

CRITICA a cura di Maria Luisa Molinari: Due ladri di automobili. Una casalinga e il marito procuratore. Un iraniano proprietario di un negozio. Un fabbro latinoamericano. Due agenti di polizia. Un regista nero di un canale televisivo e la moglie. Due detective della polizia. Una coppia coreana di mezza età.
Questi i protagonisti del film destinati in un modo o nell’altro a incontrarsi, o meglio a scontrarsi.
Gli elementi conduttori sono il razzismo, la rabbia, l’intolleranza.
Ma a mano a mano che si va avanti nella storia si capisce che la questione fondamentale è l’impossibilità di comunicare, la mancanza di una distinzione tra buoni e cattivi.
Infatti bene e male si confondono, si mischiano, si scontrano.
Los Angeles, la citta che fa da sfondo alla storia, è un microcosmo in cui la paura e la violenza hanno preso il sopravvento.
Un film corale in cui il messaggio si svela a poco a poco nel concludersi delle varie storie.
Esiste un modo per riscattarsi dalle proprie azioni? Questa la domanda che suscita la visione del film, che non cerca di rispondere se non accennando a una risposta affermativa con l’evoluzione delle vite che racconta. Ma la fine del film lascia lo spettatore con il dubbio se sia giusto o meno fermarsi alle apparenze o ai pregiudizi che purtroppo si hanno nei confronti dell’altro ma soprattutto del diverso. Perchè molto spesso la violenza è generata dall’ignoranza delle culture diverse dalla propria.
In un mondo in cui comunicare sarebbe facile grazie alle nuove tecnologie che tengono tutti in contatto con tutti, la vera comunicazione quella umana, quella “fisica” è cosi difficile da affrontare (per mancanza di voglia, pigrizia , impossibilità) che quando ci si ritrova davanti all’altro si ha paura.
Los Angeles si fa specchio di una realtà sociale attuale, guardando il film guardiamo la parte più profonda in noi. Quella parte che ogni tanto magari di nascosto ci fa avere pregiudizi e timori, che ci tiene chiusi nel nostro piccolo ma sicuro mondo e guai se qualcuno di estraneo prova ad avvicinarsi.
Uno specchio che ci mostra cosi come siamo, nudi insieme ai nostri pensieri più oscuri. Maria Luisa Molinari
VOTO:

 

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