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RECENSIONE FILM GIORNI E NUVOLE

GIORNI E NUVOLECRITICA a cura di Olga di Comite: Tutte le storie di Soldini, pur con temi e stili diversi, hanno in comune un’analisi attenta e aderente alla realtà quotidiana, a volte ironico-giocosa, a volte seria e dolorosa. Le zone grigie dell’interiorità, delle relazioni umane, del sociale sono per il regista il mezzo per raccontare le difficoltà del vivere oggi in mezzo a contraddizioni, carenze, insicurezze che minano sempre più la serenità di ogni individuo, a qualsiasi classe appartenga.

Ci si può collocare nel nuovo proletariato, nella borghesia, nel precariato; si può essere benestanti o guadagnarsi con fatica di che campare senza certezze e identità; comunque si è attori di un melodramma dai toni contenuti ma pur sempre laceranti. Così è anche per Michele (Antonio Albanese) ed Elsa (Margherita Buy), coppia borghese appagata e serena fino ad un certo punto dell’esistenza. Qualche scaramuccia con la figlia Alice, che ormai fa sue scelte autonome, non turba un tran-tran che vede lui socio di un’impresa navale, lei appena reduce da una laurea in storia dell’arte, sua autentica passione per cui si è permessa il lusso di non lavorare.

E’ proprio dopo il festeggiamento dell’avvenimento con gli amici che ad Elsa crolla il mondo addosso: Michele è stato estromesso dai nuovi soci dall’attività, che lui stesso ha fondato, per il suo modo poco “moderno” e molto etico di affrontare il lavoro.

La cosa data a due mesi prima, ma lui non ha avuto il coraggio di confessare la nuova condizione di disoccupato già maturo. Mentre Michele annaspa senza riuscire ad accettare la nuova realtà, abbandonandosi a spinte autodistruttive, Elsa, superato in qualche modo il trauma della vendita dei beni e l’abbandono dell’attività di restauratrice non retribuita, si dà da fare per trovare comunque un lavoro che sia il call-center o un impiego di segretariato fino a tarda sera. Mentre lui sprofonda, incalzato dalla fuga degli amici, dall’ottusità di nuovi possibili datori di lavoro, dalla sua incapacità di reinventarsi una vita, comincia a scricchiolare anche l’intesa fino ad allora ferrea con la moglie.

E’ proprio questo processo che Soldini indaga con verità e sensibile solidarietà. In effetti capita ormai abbastanza frequentemente che l’insicurezza di vita tocchi non solo i gradini bassi dell’organizzazione sociale ma anche i medio-alti, che mai avrebbero pensato di poter vivere in una precarietà che erode certezze ed affetti prima consolidati. Alcuni di noi a volte si sentono impotenti testimoni di difficoltænbsp; di questo tipo; si tratti di giovani, di amici in età, di uomini o di donne. L’imbarazzo e la rabbia che si provano anche dall’esterno danno la misura dello sfascio sociale che stiamo attraversando.

Altra tematica cara al regista è poi la diversa maniera di reagire e di cercare risposte che hanno le donne rispetto ai loro compagni. Nel mentre Michele passa dallo stato confusionale al depresso, al nervoso intollerante, Elsa, metabolizzato il primo sconcerto, cerca di intraprendere attività concrete e con un po’ di realismo riscopre una forza autonoma che la rende diversa. Ricordiamo a riguardo le altre creature di Soldini, da Le acrobate a Pane e tulipani a Agata e la tempesta.

Con tali ingredienti il regista costruisce un film non urlato, attento alle sfumature del grigio, non abbastanza dinamico in superficie ma sempre increspato dalla sofferenza rattenuta ed autentica. Per costruirlo e interpretarlo ha scelto due elementi vincenti: da una parte la coppia Albanese-Buy, così naturale e “nostra” (soprattutto Albanese può toccare tutte le corde) e dall’altra la città di Genova, che la fotografia mostra qual è, senza abbellimenti. Una città simbolo di tanta storia antica e moderna. Con il suo colore grigiastro, col suo odore di ferro e di salso, il mare che occhieggia come un destino e lo straordinario acquario in cui uomini e pesci sembrano muoversi insieme.

Come linguaggio espressivo Soldini sceglie un movimento fluido e controllato, ricco di piani-sequenza e primi piani del bel viso segnato di Margherita Buy. Non è un grande film ma un racconto giocato con onestà intellettuale che non è cosa da poco nel panorama italiano per ora abbastanza deludente. Olga di Comite
VOTO:

 

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