ANNO:
Italia 2004
GENERE:
Drammatico
REGIA: Sergio
Rubini
CAST:
Sergio Rubini, Fabrizio
Bentivoglio, Margherita
Buy, Giovanna Mezzogiorno, Mariangela
Melato, Michele
Placido, Mario Rubini, Alberto Rubini, Eros
Pagni, Antonio Prisco.
DURATA:
110 '
TRAMA:
Luca Florio (Fabrizio
Bentivoglio) è un attore di una
quarantina d'anni. E' nel pieno della carriera, ha
il ruolo del protagonista in un film importante, è prossimo
a realizzarne uno suo come regista. Ma a deviare
il corso della sua esistenza, dominata dalla ricerca
nevrotica di sempre nuove e facili conferme, interviene
un fatto sgradevole e improvviso: Luca viene colto
da un grave malore...
CRITICA a
cura di Olga
di Comite: Sergio Rubini firma
la sua settima regia e lo fa con la
sua ansia di ragazzo
invecchiato, ricucendo reali stati
d'animo e magia visionaria, come in
altre sue opere. Questo attore-regista
appartiene a quella scuderia di meridionali
post- felliniani nervosamente appassionati
e colti che provano a rinnovare il
nostro cinema. Qui l'autore, tramite
il protagonista, Fabrizio Bentivoglio,
suo alter-ego nel film e amicissimo
nella realtà, riflette sul come
la malattia sia a volte non solo pausa
forzata, ma occasione per ripercorrere
la propria vita e le proprie esperienze
da un'altra prospettiva, quella del
letto. Chiunque abbia lottato a lungo
con il male, sa quanto esso modifichi
il nostro esistere, perché << la
malattia non è un'interruzione
di vita, ne fa parte >> ed in
quanto tale aiuta a meglio comprendere
persone e fatti che si affollano e
si sovrappongono quando stiamo bene.
In più la sofferenza fisica,
facendoci sentire soli e smarriti psichicamente,
spesso ha un altro risvolto utile a
ridare senso al rapporto con gli altri.
A questo allude il titolo e questo
si cerca di dimostrare nel film: << Quello
che si è dato lo si ritrova
sempre...L'Amore, le persone ritornano,
magari trasformate. La vita non è avara...>>.
Da questa idea di partenza nasce poi
la sceneggiatura a tre mani di Carla
Cavalluzzi, Domenico
Starnone e dello
stesso Rubini, che
vi gioca la parte del leone. Ecco quindi
Luca (F.
Bentivoglio),
un attore impegnatissimo in tv e aspirante
regista, costretto a "fermarsi" in
seguito a un malore, poi rivelatosi
un serio problema, che lo costringerà al
ricovero. Passato dall'inferno della
rumorosa attesa nella pubblica sanità al
felpato silenzio della lussuosa clinica
privata, Luca comincia il viaggio nella
sua esistenza di prima, non escluso
l'irrompere dei ricordi delle origini
pugliesi e la presenza magica di una
cugina morta giovanissima tanti anni
prima. Questa fanciulla la vediamo
passare tranquillamente dalla morte
alla vita, dallo ieri all'oggi, dal
Sud al Nord, come solo avviene nel
meraviglioso mondo del magico. Così il
fresco fantasma compare ora nella casa
della madre, ora nel suo paese d'origine,
ora nella clinica di Milano. Esso rappresenta
in qualche modo il trait d'union tra
lui, che è vissuto e si è affermato
al Nord, e le sue radici meridionali.
Durante l'evolversi della malattia
il protagonista si rivedrà accanto
persone perse di vista, accolte dapprima
con un certo fastidio, poi sentite
sempre più vicine e corpose.
Tra queste l'amico d'infanzia giunto
dal paesello (lo stesso Sergio
Rubini)
e il padre, pensionato e poeta mancato
(Alberto Rubini, padre
di Sergio). Accanto al letto si avvicendano
anche
le due donne importanti: la sua ex
-moglie (Margherita Buy),
della quale riesce finalmente ad accettare
la decisione
di lasciarlo, e l'attuale compagna
(Giovanna Mezzogiorno),
giovane irruente e intollerante. Con
la fine della malattia
e il ritorno alla normalità,
ridimensionata la nevrosi da successo,
guarda con occhi critici il mondo del
cinema e della tv. Riprende così in
mano la sua vita con maggior controllo
e un pizzico di malinconia: Luca è pronto
per ricominciare, lasciando l'iperlusso
della clinica privata per un più qualificato
ed umano chirurgo di pubblico ospedale.
Nei contenuti, come si vede, ci sono
alcune banalità nonché fatti
collaterali in più che accentuano
una certa frammentarietà dell'opera.
L'impressione complessiva è simile
a quella di chi legge un libro con
belle pagine intense e convincenti
e altre scontate e inutili, messe lì un
po' a casaccio. Permane ne L'Amore
ritorna quella che, a mio parere, è la
cifra e il limite di Rubini: una generosità e
verità d'ispirazione che non
riesce a darsi una sistemazione compatta
ed originale. Olga
di Comite
VOTO: |