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RECENSIONE FILM LA BANDA THE BAND'S VISIT BIKUR HA-TIZMORET

LA BANDACRITICA a cura di Severino Faccin: Un minuscolo gioiello che – con tocco lieve – trasforma in poesia le peripezie di una banda musicale smarrita in uno sperduto quanto spettrale insediamento urbano in mezzo al deserto. Questo è La banda, il film dell’israeliano Eran Kolirin premiato a Cannes lo scorso anno, il cui pregio è di lasciare fuori dalla porta i clamori, i proclami, le violenze, le sopraffazioni, concentrandosi piuttosto sugli stati d’animo dei personaggi, prescindendo da qualsiasi differenza di razza, di etnia, di cultura.

L’atmosfera pacata del film, pervasa da un sottile velo di malinconia, non è indenne da un certo umorismo. È bello così veleggiare alla scoperta di un Israele altro, diverso da quello mostrato in televisione, dove attentati, bombardamenti, repressioni la fanno da padrone. Ed è bello scoprire come persone normali quali i musicisti della banda della polizia egiziana di Alessandria e i civili israeliani che li ospitano nelle loro abitazioni, quando si incontrano sanno parlarsi e comunicare. Forse perché l’idioma che usano non conosce barriere linguistiche ma va diretto al cuore.

Verrebbe quasi da chiamare provvidenziale quindi il bizzarro gioco del destino che ha voluto che Haled (l’elemento più giovane dell’orchestra) nel chiedere informazioni all’arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, mal pronunciasse il nome di Petah Tikva, la città dove la banda era attesa per l’inaugurazione di un Centro di cultura araba, facendola finire invece a Bet Hatikva. Qui il direttore Tewfiq (apostrofato in tono canzonatorio dagli israeliani con il titolo di «generale») e con lui la sua banda, che sembra aver perso smalto ed entusiasmo, sapranno trovare alcune delle risposte capaci di ridare un senso alla loro identità smarrita.

Grazie alla squisita ospitalità di Dina, la padrona del caffé incontrata appena scesi dall’autobus a Bet Hatikva, i musicisti impareranno a conoscere alcuni abitanti dell’insediamento e a entrare in punta di piedi ma lasciando una traccia indelebile, nelle loro vite. È così per Simon (il vice di Tewfiq), ospite con due compagni a casa di Itzik, dove confessa di aver rinunciato a comporre per dedicarsi alla giovane sposa e al suo bambino. Attorno alle note di Summertime Simon riuscirà a far ricompattare, anche se per pochi istanti, la famiglia di Itzik, altrimenti alla deriva. In modo analogo Papi, introverso e maldestro, seguendo i suggerimenti di Haled riuscirà finalmente a mostrare i suoi veri sentimenti e a conquistare il cuore di una ragazza durante una grottesca, indimenticabile serata in discoteca.

La serata di Dina e Tewfiq al contrario, ha il sapore di un duetto condotto al ritmo di una musica perennemente assente eppure continuamente evocata, che spinge ciascuno a mettere a nudo la propria anima. Un’esternazione catartica alla fine della quale ambedue emergeranno riconoscendo gli errori e le manchevolezze commesse nei confronti di moglie e figlio (Tewfiq), di marito e di amanti (Dina). Al momento dell’addio, il mattino seguente potranno salutarsi consapevoli entrambi di aver condiviso almeno alcune delle emozioni piccole e grandi che riempiono la vita di tutti i giorni. Severino Faccin
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