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RECENSIONE FILM LA MALA EDUCACION

LA MALA EDUCACIONANNO: Spagna 2004

GENERE: Drammatico

REGIA: Pedro Almodovar

CAST: Gael Garcia Bernal, Fele Martinez, Daniel Gimenez Cacho, Javier Camara, Leonor Watling, Lluis Homar, Petra Martinez, Nacho Perez, Raul Garcia Forneiro, Francisco Boira, Juan Fernandez, Alberto Ferreiro, Roberto Hoyas, Francisco Maestre.

DURATA: 105 '

TRAMA: All'inizio degli Anni '60, in un collegio religioso, due ragazzi, Ignacio (Nacho Perez da giovane, Francisco Boira da adulto) e Enrique (Raul Garcia Forneiro da giovane, Fele Martinez da adulto), scoprono l'amore, il cinema e la paura. Testimone e parte attiva delle loro scoperte è Padre Manolo (Daniel Gimenez Cacho), direttore del collegio e professore di Letteratura. I tre personaggi si incontreranno altre due volte nel corso della vita: alla fine degli Anni '70 e nell'80. Questi incontri segneranno la vita e la morte di alcuni di loro...

CRITICA a cura di Claudia Scopino: Con degli strepitosi titoli di testa profondamente classici che ricordano il miglior Hitchcock, inizia La Mala Educaciòn, ultima provocatoria e malinconica opera di Pedro Almodòvar. La brutale e cinica storia di quattro personaggi dalle doppie identità e dal passato angosciante che si ritrovano e si perdono, si confondono e trasformano, fino a cambiare per sempre le loro solitarie vite. Gael Garcia Bernal è il protagonista eclettico dell'opera, interprete di tre personaggi diversi che si ricongiungono in un solo e bravissimo nella sua naturalezza, definendo un'interpretazione elegante, delicata, vera che non disdegna i mezzi toni e le affascinanti sfumature recitative. Ma tutto il film è sorretto da un cast di prim'ordine, come del resto accade in tutte le opere di Almodòvar (anche se qui, al contrario di "Tutto su mia madre", l'universo è maschile e al contrario del doloroso "Parla con lei", aspro), dall'incisivo e tagliente Daniel Giménez Cacho al simpaticissimo Javier Càmara in un piccolo ruolo che dà linfa e vitalità alla storia raccontata, da Fele Martìnez in un'interpretazione sensibile e seducente a Lluìs Homar, perfetto nel ruolo morboso di Berenguer. Almodòvar ha gusto per i dettagli, i colori e l'atmosfera a metà tra noir e melò, ma ha soprattutto una grande attenzione per i suoi personaggi, ossessivi e ossessionati, vittime e carnefici, angeli e diavoli, persi in un esistenza di desiderio e ambizione che soffoca e opprime. Un ottimo gioco narrativo di montaggio e flashback, tre spazi temporali che si confondono e si rievocano, senza cadere mai in una dispersione del melodramma, ma anzi, componendo un quadro nostalgico di ricordi ed emozioni, personaggi mascherati nell'anima e persi nel cuore. Almodòvar infonde il film di gusto classico e coscienza moderna, carica di nostalgia ogni scena e s'insinua senza esitazione nell'inferno delle vite dei suoi personaggi, in un'atmosfera enigmatica e incantatrice, che non esclude scene sottilmente d'impatto e momenti alla deriva. Una storia morbosa, narrata con essenzialità e crudezza ma capace di coinvolgere e appassionare, un lungo racconto d'identità tradite e mascherate, di passioni pericolose, gelosie ossessive, erotismo e psicologia, tra passato, presente e futuro persi nelle vendette e nei ricatti e che getta angoscia sulla vita di ogni essere umano, dove nessuno, alla fine, può davvero conoscere l'oggetto del suo desiderio. Claudia Scopino
VOTO: 8

CRITICA a cura di Olga di Comite: L'ultima fatica di Pedro Almodovar è una fuga in avanti e insieme un ritorno all'indietro. Tutto nel film va ancora "oltre" rispetto alle sue tematiche di sempre; molto nel film non è all'altezza della qualità delle due ultime opere, "Tutto su mia madre" e "Parla con lei". Chi s'aspettasse un discorso anticlericale e quindi in un certo senso "politico" rimarrebbe deluso; ad Almodovar niente interessa quanto gli individui e in essi il sentimento dei sentimenti: il desiderio fatto passione. In questo campo, e solo in questo, per lui e per i suoi personaggi tutto è possibile: esagerato, disperato, comunque fermento di vita. Solo che questa volta i fatti sono tristi e il senso di colpa che aleggia su tutto non presenta nessuno di quegli aspetti liberatori e ironici di altre sue storie. Si tocca il fondo del desiderio amoroso, rappresentato con una verità e un realismo quasi dolorante, anche nelle scene di sesso tra i personaggi. Travestitismo, droga, movida, film nel film, donne fatali; tutti gli elementi tipici di Almodovar sono presenti, ma non attingono a quella emozionante armonia di "Parla con lei", che io ritengo il più bello in assoluto del maestro. Anche la trama, fatta ad incastri di storie e ispirata al noir Anni '50, di cui non mancano ampie citazioni nel film, è tanto complicata da essere a volte oscura e alquanto incredibile. La compresenza di generi diversi (il dramma, il melò, l'autobiografia, il quasi-giallo) genera confusione e sovrapposizioni. Detto questo non si pensi che La Mala Educaciòn sia opera da snobbare, perché non mancano brani all'altezza dei migliori risultati di Pedro. Basti citare l'esecuzione della versione rinnovata di "Torna a Surriento", cantata dal piccolo protagonista davanti ai salesiani riuniti, mentre Padre Manolo sprofonda sempre più nella sua inconfessabile attrazione pedofila. Oppure la scena della piscina, durante uno dei primi incontri di Angel ed Enrique, i due piccoli collegiali ritrovatisi da grandi dopo un'amicizia troncata forzatamente da piccoli. Anche la sequenza della violenza da parte del sacerdote sul piccolo Ignacio è realizzata con una sensibilità nervosa, dolorante, per cui tutto si indovina ma non si vede, sottolineata per contrasto da una dolcissima canzone affidata ancora alla voce bianca del ragazzino. In queste scene, con un piccolo passo falso, un regista non all'altezza dello spagnolo sarebbe inesorabilmente scivolato nella farsa. Anche la parte del film nel film, ormai scontata per gli esempi che si moltiplicano (per tutti il recentissimo "L'Amore che vorrei") è condotta con maestria da Pedro Almodovar e dura per circa mezz'ora rispetto al breve inserto di "Parla con lei". Gli spunti autobiografici sono trattati con incisività, senza appesantimenti e sullo sfondo ritorna la sua Spagna, quella dell'oppressione franchista nel costume e nell'educazione e quella successiva dei primi anni di democrazia. L'omosessualità, mai ipocrita nell'autore, è qui descritta schiettamente e appassionatamente come non mai, senza alcuna carineria. Ultimo elemento positivo la bravura dei quattro protagonisti, tutti maschi, a partire da Gael Garcia Bernal (di recente nel ruolo del giovane Che in "I Diari della motocicletta"), Fele Martinez, Daniel Chaco, Lluis Homar. Alla fine l'umano significato de La Mala Educaciòn sta nella descrizione-comprensione di tutte le pulsioni poiché appartengono ad ogni individuo travolto dal vento della passione. Sull'intreccio meglio sorvolare per non togliere allo spettatore il gusto di sciogliere i nodi intricati e francamente tortuosi che portano alla verità finale. Olga di Comite
VOTO:

 

SPIGOLATURE

Da Cannes 2004 Gael Garcia Bernal, l'oggetto del desiderio del film, era il ritratto della star giovane dei giorni nostri, tutta anti-Hollywood. Affascinante ma in maglietta sotto l'abito firmato, fedele alla birra messicana, una specie di angelo maledetto (per credere guardare gli occhi), un James Dean in versione latina. Con in più l'impegno politico che rivendica con orgoglio: << Impegno e recitazione sono la mia vita... "I Diari della motocicletta" raccontano come nulla sia cambiato dall'epoca del Che... I giovani hanno sempre voglia di cambiare il mondo e il mondo ha sempre bisogno di essere cambiato... >>. Di Almodovar dice: << Con Pedro la sfida è riuscire a fare ciò che vuole lui... Mima ogni scena, ti dice dove andare, come muovere la testa... Lui sente le tue crisi: si apre, ti sostiene, ti ascolta, ma sempre alla sua maniera >>. In un'altra intervista l'eccentrico Pedro dice di sé: << Per me la riuscita è fare il film che voglio fare e non quello che ci si aspetta da Almodovar. In tutto questo tempo ho cercato di scrivere una commedia, ma non c'è stato verso: è il risultato di aver vissuto questi anni con grande solitudine >>. E se gli chiedessimo: perché un noir? Ecco la risposta. << ...E' il genere del destino, dell'inganno, e proprio come nel noir mi affascinano i personaggi che accettano il rischio delle passioni, anche quelle proibite... >>. Per questo lui non può fare un film alla Almodovar, ma solo uno di Almodovar. Infine, sulla Spagna recente, quella di Zapatero, osserva: << Oggi c'è più allegria e la certezza che il governo sa ascoltare la gente >>. E ti pare poco, caro il mio Pedro? Il virgolettato è ripreso da Max (10/04) e da Ciak (10/04).

 

INVITO

Invito a rivedere in videocassetta "Effetto notte" di Truffaut, "Tabù-Gohatto" di Oshima, "Mystic River" di Eastwood, autori diversissimi tra loro e da Almodovar, ma con qualche aspetto in comune. E poi "Il talento di Mister Ripley", un'opera a cui il personaggio principale deve molto. Invito a leggere "Il Bacio della Medusa", di Melania G. Mazzucco, perché contiene pagine sulla pedofilia bellissime e tutte da discutere.

 

PROVOCAZIONI

1. Vi piacerebbe assistere a un incontro-confronto Almodovar-Buttiglione, magari di fronte al parlamento europeo? A me senz'altro.

2. E' vero che sono fondamentalisti solo gli Islamici o esiste un fondamentalismo cattolico?

2. Chi farà un film sulla pedofilia diffusa tra i preti cattolici Usa e denunciata dallo stesso Papa?

4. Cosa fa davvero paura dell'omosessualità?

 

a cura di Olga di Comite

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