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RECENSIONE FILM MA QUANDO ARRIVANO LE RAGAZZE?

MA QUANDO ARRIVANO LE RAGAZZE?ANNO: Italia 2004

GENERE: Commedia

REGIA: Pupi Avati

CAST: Claudio Santamaria, Vittoria Puccini, Paolo Briguglia, Johnny Dorelli, Selvaggia Quattrini, Augusto Fornari, Alessio Modica, Manuela Morabito, Eliana Miglio.

DURATA: 146 '

TRAMA: Gianca (Paolo Briguglia) e Nick (Claudio Santamaria) sono due ventenni bolognesi che si conoscono nel 1994 a Perugia durante lo stage per giovani musicisti di Umbria Jazz. Hanno vent’anni e entrambi sognano una carriera: Gianca suonando il sax e cercando di corrispondere alle aspettative di un padre che ha abbandonato le sue velleità artistiche per diventare un affermato commercialista, Nick dedicandosi alla sua tromba come per una sorta di rivincita su una situazione familiare squallida ed affettivamente arida. Nasce una amicizia fondata sul contrasto di due mondi ma unita dalla comune passione. Nove anni dopo essersi incontrati su quel treno Bologna-Perugia, i due ragazzi chiuderanno definitivamente la loro avventura comune al grande concerto che Nick terrà al Teatro Comunale di Bologna, e a cui Gianca, confuso tra il pubblico, assisterà turbato e commosso. Il pezzo che lui stesso aveva scritto con e per i suoi amici quando ancora ci si aspettava tutto dalla vita è ormai un successo, e legherà per sempre le storie di tutti: il suo titolo è: "Ma quando arrivano le ragazze?"...

CRITICA a cura di Olga di Comite: Quando penso ad Avati, mi vengono in mente Paolo Conte e la sua Genova per noi, il fanciullino pascoliano, l'odore di spigo della biancheria di una volta; scattano le operazioni malinconia con grazia, ricorda con garbo, soffri ma non troppo, a cui le opere del regista bolognese, tutte così connotate, hanno abituato il pubblico. Ma questo non basta a fare un'opera riuscita, da ricordare, e spesso si ha la sensazione di una maniera che diventa un po' angusta se non superficiale. Si coglie insomma una sproporzione tra l'ambiziosità dei temi e la qualità dell'analisi dei personaggi e delle situazioni. I suoi giovani protagonisti, quasi a noi contemporanei, non rassomigliano molto a quelli che noi incontriamo ogni giorno, piuttosto somigliano a Pupi Avati giovane. I nostri ventenni sono segnati nel bene e nel male da tutto quello che li ha divisi e li divide dai padri: la dimensione della globalità, delle complessità, delle incertezze esistenziali, delle sfide tecnologiche. E se è pure vero che i sentimenti fondamentali rimangono pressoché gli stessi nel tempo, è anche innegabile che il contesto, le storie personali, gli stimoli diversi danno ai giovani del momento una specificità che non si coglie nei film di Avati. Piuttosto in lui cogli la tradizione che si perpetua; padri che sono un po' figli e figli che sono un po' padri, quando oggi, spesso, non si riesce ad essere né l'uno né l'altro. Interessante invece è il nucleo principale del racconto, cioè il rapporto tra talento e passione. sappiamo bene che non sempre applicazione e buona volontà danno risultati di livello, se non c'è quel quid che fa addirittura nascere il genio e che può disvelarsi all'improvviso, il talento appunto. E' quello che succede ai due protagonisti del film, Gianca (P. Briguglia), borghese, appassionato di musica e suonatore di sax, e Nick (C. Santamaria), di umili origini, benzinaio, suonatore autodidatta di tromba. L'amicizia nasce appunto da una comune esperienza fatta ai corsi che si tengono a Perugia nell'ambito di Umbria Jazz. A poco a poco il legame si consolida, i due formano un quintetto jazz che si esibisce a Bologna in localini di nicchia, poi uno dei due spicca il volo. Si tratta di Nick, che diviene un solista di successo mentre l'altro registra il fallimento dei suoi sogni di musicista di scarso talento. Così si laurea, va a lavorare col padre, anche lui deluso e scontento professionista. sposa la bella Francesca che sostituisce la passione per la musica. Il tradimento di Francesca con Nick segna l'epilogo di quell'amicizia virile e con essa del futuro sognato quando si hanno vent'anni.
Il film di Avati è tutto qui, più autobiografico che mai nel presentare la musica jazz con l'inevitabile Bologna sullo sfondo, un tema musicale evocativo di Ritz Ortolani, qualche bel pezzo da ascolatre nel salotto buono di casa. Ma bonomia, malinconia, facce pulite, ricordi depurati e privati, tutti senza un filo di rabbia, non graffiano, non catturano e presto svaporano come l'odore di spigo nella biancheria che non regge il confronto con la puzza di smog delle città. D'altra parte non si può chiedere a un autore di essere quello che non è. Basti quindi la non volgarità, il senso di pacificazione e la dolcezza umana che il nostro sa distillare nei suoi alambicchi. Olga di Comite
VOTO:

SPIGOLATURE

E' il 34° film di P. Avati; il secondo dopo "Bix" a trattare di musica jazz, la passione del regista giovane che, un po' come Gianca nel film, ha poi concluso che il suo talento era un altro e, lasciato il clarinetto, si è dato alla regia. Ma sentiamolo in proposito:<< Il tema centrale del film è la differenza tra passione e talento che, se venisse subito spiegata ai ragazzi, risparmierebbe loro anni di fatiche e delusioni... Tutti abbiamo talento per qualcosa, bisogna solo capire cosa. >>. Tra i molti amici di Avati giovane, uno in particolare destava la sua invidia, certo Lucio Dalla, molto più talentoso di lui, che, come un Mozart piccolo, lo surclassava già con una sola nota. Sentiamo invece cosa spiritosamente dichiara su un altro mancato genio musicale e suo collega cineasta, Woody Allen: << L'ho sentito varie volte e più suona, più peggiora. Penso sia l'unico con il quale potrei fare bella figura. Dovrei pensarci e proporgli di venire a suonare con me >>. Infine: << Perché quel titolo? >> - << E' una frase che mi commuove, perché evoca un periodo, anzi un momento della vita in cui queste ragazze finalmente arrivano. Poi, a un certo punto, smettono di arrivare e tu te ne accorgi solo dopo un po' >>. (da Trovacinema.it by RadioCapital, Anna Zippel, 01-02-05).

 

INVITO

Invito a rivedere in videocassetta "Impiegati" (1984) dello stesso autore, per cogliere continuità e diversità nella rappresentazione dei giovani nel susseguirsi dei tempi e delle tendenze.
Invito alla lettura delle opere di Enrico Brizzi, "Jack Frusciante è uscito dal gruppo" (1994), "Bastogne" (1996), "Tre ragazzi immaginari" (1998), nelle quali i giovani bolognesi sono visti con occhi molto diversi.
Invito ad ascoltare alcune dei brani più belli di Clifford Brown e Chet Atkins, spesso citati nel film.

 

PROVOCAZIONI

1. Cosa vi sembra più importante tra volontà, passione e talento?

2. Cosa pensate dei genitori che riversano sui figli le proprie ambizioni frustrate?

3. Cosa è più insopportabile, l'invidia per l'amico che ha successo o il senso del fallimento di una vostra aspirazione o passione?

 

a cura di Olga di Comite

CRITICA a cura di Silvia Benassi: Nemmeno la passione più grande potrà mai donare quella capacità straordinaria ed innata che è il talento, quel meravigilioso dono di natura capace di portare verso il successo e l’affermazione, verso quel traguardo tanto agognato ma allo stesso tempo effimero e sfuggente. Le persone che possiedono questo dono sono come delle comete che ti passano accanto, che ti colpiscono ed affascinano con la loro luce e che poi, dopo che ne hai goduto per un po’, si allontanano per sparire per sempre. E’ da questa idea che prende avvio il nuovo film di Pupi Avati in cui, a ritmo di jazz, si racconta la soria dell’amicizia e dell’intreccio delle vite di due ragazzi, Nick e Gianca, diversi per carattere e condizione sociale. In un percorso che va a ritroso nella memoria ripercorriamo insieme a Gianca, in un viaggio lungo 10 anni, i momenti fondamentali del loro rapporto, a partire dal primo incontro avvenuto sul treno che dalla loro Bologna li avrebbe portati a Perugia alla scuola di Umbria jazz; qui i due vi approdano per motivi molto diversi, Nick (Claudio Santamaria) un po’ per caso perchè è così che da autodidattata ha cominciato a suonare la tromba, Gianca (Paolo Briguglia), invece, perchè spinto dal padre (Johnny Dorelli), jazzista mancato, che riversa sul figlio le sue frustrazioni e vede in lui uno strumento per potersi riscattare e godere, seppur indirettamante, di quel successo che desiderava per sè. Se questo amore per il jazz sarà l’elemento che li unirà, alla fine sarà anche la causa del loro allontanamento; la passione e l’impegno di Gianca, infatti, non saranno sufficienti per equiparare il talento di Nick che finirà per manifestarsi in modo improvviso ed inaspettato durante una delle esibizioni del loro gruppo, il “Joy Spring Quintet”. Quando queste sue incredibili capacità rimaste nascoste fino ad allora emergeranno, Nick si allontanerà da loro per viaggiare da solo, lasciando nei suoi compagni d’avventura rimpianto e delusione per il dissolversi dei sogni di gloria collettiva, tanto che Gianca, quasi ripercorrendo le sorti del padre, deciderà di abbandonare la musica e dedicarsi alla poco creativa attività di commercialista. Ma le vite dei due amici torneranno ad intrecciarsi e questo grazie o a causa di Francesca (Vittoria Puccini), una delle più belle ragazze della Bologna bene, personaggio che si affaccia sulle loro esistenze proprio in quel momento della vita in cui un ragazzo si chiede: << Ma quando arrivano le ragazze? >>. I due si troveranno nuovamente uniti da una passione comune ma se per la musica sarà il talento a portare al successo, in questo caso sarà il sentimento a prevalere.
Avati torna al cinema dopo il “Cuore Altrove”, e ci propone un film in cui si ritrovano elementi caratteristici della sua produzione, come i temi dell’amore, dell’amicizia tradita, il legame con la musica, quella jazz in particolare, già trattato in “Jazz band” del 1978. Ancora una volta è il dato autobiografico a prevalere e portare il regista a lavorare sulla memoria creando dei personaggi specchio della sua vita, personaggi che inseguono i loro sogni ed il cui destino è segnato in modo decisivo da un incontro casuale. Tutte queste componenti, unite alla tradizionale atmosfera amara e malinconica di Avati, fanno di Ma quando arrivano le ragazze? una delle migliori opere della sua filmografia. Silvia Benassi
VOTO:

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