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RECENSIONE FILM THE MOTHER

The MotherANNO: Gran Bretagna 2003

GENERE: Drammatico

REGIA: Roger Michell

CAST: Anne Reid, Daniel Craig, Cathryn Bradshaw, Steven Mackintosh, Peter Vaughan, Anna Wilson Jones, Danira Govich, Harry Michell, Rosie Michell, Izabella Telezynska, Carlo Kureishi, Sachin Kureishi, Simom Mason, Oliver Ford Davies, Jonah Coombes.

DURATA: 112 '

TRAMA: Sconvolta dalla tragica ed improvvisa morte del marito, May (Anne Reid) viene accolta in casa del figlio Bobby (Steven Mackintosh), pieno di preoccupazioni lavorative e con un matrimonio ormai irreparabilmente in crisi. Il difficile rapporto con la nuora ed il caos che regna nella casa costringono la donna a trasferirsi dall'altra figlia, Paula (Cathryn Bradshaw), che, nonostante anni di analisi, non è ancora riuscita a superare l'annoso conflitto con la madre. Non più giovane e attraente, May durante la permanenza in casa di Paula si innamora di Darren (Daniel Craig), il compagno trentenne di sua figlia, che ricambia la passione della donna: May inizia così una relazione erotica che le stravolgerà per sempre la vita...

CRITICA a cura di Gianni Merlin: Si può ancora amare ed essere amati quando ormai si crede di aver raggiunto la pace dei sensi a livello sessuale, quando, come dice l'ottima protagonista Anne Reid, l'unica persona in grado di toccarti può essere il becchino? Questo è l'aspetto principale su cui si basa The Mother, film scandalo al recente Festival di Cannes, che sicuramente rende onore all'eterogeneo regista Roger Michell, precedentemente alle prese con cose come "Notting Hill", mentre qui dà sicuramente sfoggio di un'abile mano visiva, fatta di primi piani desueti, spesso inquadrature di persone mute riprese solo nel tronco senza testa, ed amore per i dettagli. Da rilevare come la pellicola in questione goda della sceneggiatura di Hanif Kureishi, l'autore di "My beautiful laundrette" e dello straordinario "Intimacy", e quindi affidata ad uno dei più astuti e capaci manipolatori di relazioni umane. Il film in questione narra di come la 65enne May alla morte del marito (ri)torni alla vita, accorgendosi di una vita non vissuta e realizza in un solo momento la possibilità di poter essere ancora desiderata e di desiderare; in lei si colgono gli sprazzi di giovinezza, quel pizzico di premeditata follia, una filosofia del "carpe diem sessuale" che non si addice proprio ad una anziana signora. Tutto questo tra l'altro non è indolore, nè come dire contrario alla libertà altrui, perché tale sconvolgimento viene ambientato all'interno della comunità familiare di May, peraltro non proprio stabile. In effetti, si può ben dire che lo scabroso escamotage vetero-sessuale permea e a tratti nasconde l'obiettivo del buon Michell nello delineare lo sfascio di una "normale" famiglia inglese alle prese con l'onerosa incombenza di una madre da sistemare. Ancor più nel dettaglio, il contrasto più forte risulta essere quello tra madre e figlia, quest'ultima personaggio e interprete alla fine monotematico e troppo forzato per essere credibile, mentre in questi scambi di battute con la figlia, nella profondità dei silenzi, spesso con lo sguardo rivolto verso l'infinito, nella capacità di rendere palpabile il desiderio di donna sta la bravura della Reid, di sicuro l'aspetto più da ricordare della pellicola, oltre alle originali scene amorose fra la stessa Reid e il giovane piastrellista a cui le volentieri si concede. L'amore fra questi due è vero, non provocatorio o nato da tentativi di soccorso o pietà altrui, ma sembra nascere proprio dal mero impulso sessuale; in effetti, restano non del tutto chiari i contorni di come questa scintilla sia potuta scoccare all'interno della pellicola, all'interno di rapporti familiari abbastanza tumultuosi, proprio col partner della quanto meno sfortunata figlia a questo punto, come se il buon Michell avesse più l'intento di far parlare del tabù in questione che della sua opera: obiettivo sicuramente centrato. Gianni Merlin
VOTO: 6,5

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