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RECENSIONE FILM WE WANT SEX MADE IN DAGENHAM

WE WANT SEXCRITICA a cura di Roberto Matteucci: Siamo nel 1968 in una fabbrica di automobili della Ford in Inghilterra. Il reparto tappezzeria è composto totalmente da donne. “In guerra ho combattuto contro Rommel, ma non ho mai avuto tanta paura come quando entro qui”. Questa affermazione di un sindacalista dà l’idea della vita quotidiana della sezione tessile.

Ci viene rappresentato l’assoluto variegato mondo femminile. Sono delle bravi moglie e madri, ma sono anche capaci operaie; lavorano come i mariti ed i figli. Eppure il loro stipendio è la metà di quello degli uomini. E’ un dato di fatto; una realtà nonostante in quegli anni il governo fosse in mano al partito laburista. Primo ministro è Harold Wilson e nella sua compagine governativa c’è Barbara Castle combattiva signora della sinistra inglese.

A Nigel Cole, regista inglese de L’Erba di Grace e Calendar Girls piace raccontare donne forti, energiche e combattive. La sua è una devozione pienamente asservita alla femminilità prorompente, soprattutto quando fuoriesce con orgogliosa esuberanza dal solito ambiente maschilista in cui è circoscritta.

La passività di Nigel Cole ritorna globalmente sottomessa in We want sex. Colori opachi, vestiti esageratamente di moda, pettinature azzardate ci raccontano la società inglese del tempo. Le donne erano "tollerate" e mai viste come motore della nazione anche in funzione economica. C’è un forte collegamento tra i vestiti delle attrici e la società inglese del tempo. Da questo collegamento parte la ribellione delle operaie.

XXX è una docile madre di famiglia, lavoratrice indefessa. Però sente il peso delle sue fatiche – e pure della sua pettinatura – così si getta anima e core nella battaglia sindacale. La sua determinazione e capacità sindacale saranno la parte viva della vittoria del movimento femminile.

Il film dirige il suo pensiero battagliero non al movimento operaio, pseudo comunista, ma ad uno interamente sessista. La divisione viene accentuata dalle tante zuffe degli operai maschi contro le gli operai donna. L’isolamento diventa da questo momento il pensiero conduttore; delle donne in genere, non solo delle operaie. Infatti una vittima del machismo è pure la ricca moglie del dirigente Ford.

Il film è corretto, forse troppo. Ha alcune pesantezze di linguaggio, ma pure delle tenerezze come il cartello sulle pari opportunità; parzialmente nascosto scopre il we want sex... di cui il titolo. Tutti vogliono sesso - ma nessuno nel film se ne accorge. Roberto Matteucci
VOTO:

 

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